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07/02/2017
di Cosimo Vestito

GreyUnited: da partner creativo a business partner

L'evoluzione dell'agenzia passa attraverso l'inserimento nel team di figure con competenze che mixano creatività e tecnologia. Ne abbiamo parlato con Gregory Roekens, Future Technology Officer di Grey Europe

Quest'anno, Grey spegne cento candeline, un secolo di storia trascorso da "Famously effective", come recita il suo mantra. È un compleanno non segna solamente un traguardo anagrafico, ma inaugura un nuovo corso, il passaggio ad una fase in cui l'agenzia pubblicitaria del network WPP, rappresentata in Italia dalla sigla GreyUnited, amplia il proprio perimetro operativo, includendo servizi tecnologici e di business che saranno messi a disposizione dei propri clienti. Evoluzione possibile grazie anche all'inserimento nella squadra di figure altamente qualificate in questo settore, come Gregory Roekens, nominato a settembre 2016 Future Technology Officer di Grey Europe.

Il titolo di Future Technology Officer rappresenta una novità all’interno di un’agenzia creativa. Qual è il suo ruolo in Grey?

Il mio incarico in Grey unisce i ruoli di Chief Technology Officer, Chief Innovation Officer e Chief Digital Officer insieme, ed è appunto, fortemente rivolto verso il futuro. Mi occupo di individuare le tendenze che si manifestano nell’industria e, cercando di anticiparle, sviluppo nuovi modelli di business e servizi che soddisfano, in maniera più efficaci, le esigenze dei nostri clienti.

Il settore della comunicazione è radicalmente cambiato, sotto tutti i profili. Quali sono le nuove dinamiche in atto?

Siamo di fronte ad una profonda evoluzione dell’ecosistema. In passato, il digitale costituiva la nuova frontiera da raggiungere ma oggi è un passaggio che tutti hanno effettuato. Il digitale è ormai il livello “default”, ogni agenzia può definirsi digitale. Nel presente in cui viviamo, l’ultima frontiera è rappresentata da una nuova forma di economia, l’economia dell’esperienza. In questo sistema, ciò che le persone comprano e apprezzano sono le esperienze generate da prodotti e servizi che hanno assunto i connotati delle commodities, benché di elevata qualità.

Parlando di comunicazione, se si stabilisce una periodizzazione del mercato, abbiamo una prima fase del branding, collocata negli anni sessanta, in cui la promozione consisteva esclusivamente nell’elencazione delle caratteristiche dei prodotti e le persone dimostravano un elevato grado di fiducia.

Nella seconda fase, reclamizzare gli attributi delle merci non era più abbastanza e si era passati alla comunicazione delle emozioni. È bene sottolineare che, in queste due fasi. sussisteva un’asimmetria informativa tra consumatori e aziende, a vantaggio di queste ultime, in base alla quale i marchi ottimizzavano il messaggio e mettevano in campo le loro strategie.

Oggi ci troviamo nella terza fase e si rende necessario, per differenziarsi e connettersi coi clienti, comunicare un’esperienza. In questa era, l’asimmetria informativa beneficia i consumatori, che possono convalidare, valutare e giudicare i prodotti, fare approfondimenti e ricerche. Le persone ora rifiutano la pubblicità; precedentemente, c’era una specie di “accordo tra gentiluomini”, per cui per usufruire dei contenuti bisognava essere esposti agli annunci. Ma questo modello è mutato, gli utenti evitano e saltano le inserzioni o usano degli strumenti ad hoc per bloccarle. È una sfida per l’industria e per tutti quelli che, come me, si occupano di trovare nuovi modelli.

Quali prospettive, nella pubblicità, si schiudono grazie alla tecnologia?

È importante, ci tengo a specificarlo, che essa sia impiegata al servizio di uno scopo e che non sia fine a sé stessa perché le agenzie hanno il compito di costruirci sopra una storia.

Basti pensare cosa è possibile realizzare grazie all’intelligenza artificiale: il risultato è che i brand stanno praticamente vivendo una personificazione; in futuro, sarà completamente naturale parlare con un marchio come se stessimo parlando ad un essere umano.

Ma tutto deve avvenire in maniera coerente, un’azienda rappresentata da un’IA deve rispondere dimostrando di abbracciare i valori di un marchio e comportarsi come una persona vera. Stiamo lentamente assistendo ad un cambio di paradigma, soluzioni che possano cambiare la vita.

Quindi, secondo lei, l’Intelligenza Artificiale è lo strumento che serba il maggiore grado di dirompenza per l’industria?

Si tratta della relazione uno-a-uno definitiva. Con i mezzi a disposizione in passato non si potevano ricreare conversazioni altamente specifiche ma solo su ampi segmenti, ora riusciamo a sviluppare linee di dialogo rivolte alla singola persona. Ma il fattore fiducia continua ad essere importantissimo, anche in questo contesto.

Appare chiaro ormai che l’IA avrà un ruolo sempre più importante nel rapporto tra aziende-clienti-agenzie. Qual è il prossimo passo?

Fare pubblicità ad un robot. Stiamo adottando massicciamente gli assistenti personali (Cortana, Siri, ecc.) e abbiamo dato loro persino le nostre carte di credito, vedi ApplePay e Android Pay, tecnicamente possono fare acquisti per conto nostro.

Ci sono consumatori che delegano ai robot mansioni che loro stessi non vogliono più svolgere, la relazione macchina-macchina è quindi sempre più vicina. Le IA, che precedentemente erano dotate solo di razionalità, ora sono in grado di provare emozioni. Questo cambia il modo in cui si comunica e si targettizzano i messaggi.

Concretamente, come aiutate i vostri clienti a cogliere le opportunità e a superare le sfide che emergono dai nuovi canali e strumenti?

Stiamo implementando un framework, un vero e proprio sistema applicabile a tutti i nostri partner, che si sviluppa su tre livelli.

Nel primo, dopo aver considerato gli insight, concepiamo un’idea di prodotto, da cui elaboriamo un’ipotetica business case. Nel secondo, sviluppiamo un prototipo, che sarà sottoposto a test e sperimentazioni prima di approdare al terzo livello, in cui viene prodotto in massa per il mercato.

È essenziale coinvolgere i consumatori e clienti in questo processo. I primi, con i loro riscontri, sono determinanti per lo sviluppo del prodotto stesso. Con i secondi, lavoriamo a stretto contatto e ne otteniamo, costantemente, stimoli e suggerimenti.

Intendiamo, a questo punto, proporci non solo come partner creativo ma anche come partner per il business, coniugando la nostra esperienza in ambito creativo, appunto, e le nostre competenze nel campo tecnologico, partecipando ai processi di progettazione e produzione perché vantiamo una profonda conoscenza dei consumatori.

Sotto il profilo della monetizzazione, questo si traduce nell’esplorazione di nuovi modelli di business, alternativi a quelli adottati fino ad ora.

Quest’anno compiamo cento anni, siamo “Famously effective” e la nostra missione è continuare ad esserlo, espandendo i nostri orizzonti ai dati, all’innovazione e alla tecnologia.

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