di Federico Troiani, Country Manager Italia, SmartAdserver

Il caso: l'Autorità francese per la concorrenza sanziona Google. Ecco cosa succederà ora

La decisione è stata presa per constatato comportamento anticoncorrenziale nel settore ad tech. L'analisi di Federico Troiani di Smart spiega come la decisione avrà un impatto significativo sul settore a livello globale

Federico Troiani

Una decisione storica.

Il 9 giugno, l'Autorità francese per la concorrenza ha adottato un importante provvedimento contro Google per il suo comportamento anticoncorrenziale nel settore dell'ad tech.

L'importanza di questa decisione risiede nel fatto che constata che Google ha abusato della sua posizione dominante attraverso diverse tattiche anticoncorrenziali volte ad ostacolare gli intermediari rivali a spese degli editori e impone al colosso di Mountain View una multa di 220 milioni di euro.

Come parte di questa transazione con l'Autorità, Google non contesta i risultati degli abusi anticoncorrenziali contenuti nella decisione e offre una serie di rimedi progettati per consentire ai rivali di competere: Google si impegna perciò ad offrire agli adserver rivali una maggiore interoperabilità con il suo ad-exchange.

E poiché il mercato dell'ad tech è globale, questi rimedi avranno un effetto al di fuori della Francia.

Questa decisione arriva in un momento critico in cui Google è indagato per le sue pratiche ad tech da un numero crescente di autorità della concorrenza, tra cui l'Autorità Garante italiana, l'Autorità della concorrenza e del mercato del Regno Unito, e la Commissione europea, ed è anche oggetto di una causa intentata dal procuratore generale del Texas per conto di una coalizione multistatale negli Stati Uniti.

Il nucleo della decisione del'Autorità frencese

L'Autorità francese della concorrenza ha stabilito che Google ha commesso due tipi di abusi:

  • In primo luogo, Google ha utilizzato il suo ad server DFP (che si è constatato detenere una posizione dominante sul mercato degli ad server per editori) per favorire il suo ad-exchange AdX. Tra le altre pratiche, DFP condivideva con AdX il prezzo offerto dagli ad-exchange rivali. AdX ha usato queste informazioni per ottimizzare le sue bidding strategy, compresa la variazione della fee pagata dagli editori in base alla concorrenza del momento proveniente da circuiti rivali.
  • In secondo luogo, Google ha imposto limitazioni tecniche e contrattuali sull'uso di AdX attraverso adserver di terze parti. I termini di interoperabilità offerti a tecnologie terze erano, di conseguenza, inferiori a quelli tra DFP e AdX, cosa che penalizzava sia gli altri ad-exchange che i clienti degli editori.

Oltre agli effetti anticoncorrenziali sui rivali, la decisione menziona esplicitamente anche gli effetti dannosi sugli editori.

Questi sono di ampia portata e possono coinvolgere complessi meccanismi d'asta in grado di mascherare gli effetti negativi netti all'editore. Ad esempio: il degrado delle performance delle SSP rivali che porta a una scarsa resa per gli editori; il mantenimento, a sua volta, di prezzi elevati in AdX la cui concorrenza è stata minata dalla condotta di Google; un'analisi approfondita dei meccanismi di ottimizzazione che apparentemente avvantaggiano gli editori e che in realtà non lo fanno (ad esempio l'ADLC dettaglia casi in cui "la gestione dinamica delle revenue share di Google ADX riduce non solo i volumi di impression vinti dalle SSP rivali, ma anche le entrate totali dell'editore").

Le conseguenze della decisione dell'Autorità francese per gli editori e l'Open Web

Questa è una prima importante vittoria per l'Open Web, ma molte altre battaglie devono ancora venire, dato che la decisione dell'Autorità della concorrenza francese affronta solo alcune delle tattiche anticoncorrenziali utilizzate da Google per minare i rivali.

Eppure, alcune di queste pratiche aggiuntive sono oggetto di indagine da parte di altre autorità della concorrenza, e fanno anche parte della causa antitrust intentata contro Google negli Stati Uniti.

I rimedi proposti da Google, se correttamente implementati, dovrebbero andare a beneficio degli editori. Rendendo il suo ad-exchange interoperabile con adserver di terze parti, i publisher potranno ora scegliere l'adserver che vogliono senza perdere entrate (da Google Ads, in particolare).

Gli editori riacquisteranno la loro indipendenza. Da una situazione in cui erano costretti a servire come subappaltatori di Google (producendo contenuti e condividendo i loro dati esclusivi e il loro pubblico con Google), ora avranno la libertà di scegliere i loro partner tecnologici e riprendere il controllo delle loro risorse più critiche: Contenuto, Dati, Audience.

Questa decisione è una pietra miliare, fondamentale per ri-energizzare la concorrenza e l'innovazione nello spazio ad tech ed i publisher, che sono le prime vittime delle pratiche di Google, alla fine ne beneficeranno…ma la battaglia è solo all'inizio.

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