29/04/2020
di Simone Freddi

Luca Daher, Spotify: «Il digital audio rende i brand culturalmente rilevanti»

La “golden age” del digital audio ha aperto un nuovo canale di comunicazione per le aziende: flessibile, ubiquo, altamente personalizzato. Ne parliamo con l'Head of Sales Southern Europe della piattaforma

Crollano gli ascolti in auto, ma schizzano in alto gli streaming di playlist a tema cucina, faccende domestiche, relax, i podcast informativi. I trend di ascolto delle ultime settimane su Spotify - che proprio oggi ha rilasciato i dati finanziari del primo trimestre, con ricavi cresciuti del 22% - dicono molto molto di noi, e di come ci sentiamo. Ci “somigliano”.

Non per nulla, come ci dice Luca Daher, Head of Sales Southern Europe di Spotify in questa intervista, oggi Spotify è un canale che può aiutare molto i brand a essere “culturalmente rilevanti”. Le “Espresso Sessions”, una serie di appuntamenti “a distanza” organizzati dalla sede italiana dell'azienda per aiutare le aziende e le loro agenzie a comunicare in modo appropriato con i loro target in questo particolare periodo di emergenza sanitaria, sono state un successo con oltre 300 persone presenti in ogni sessione. Segno di come la “golden age” del digital audio abbia fatto nascere un nuovo spazio di comunicazione che riscuote molta attenzione anche presso le aziende del nostro Paese.

Luca, quale spazio ha oggi il digital audio nelle strategie di comunicazione?

Non c'è dubbio che il punto di forza di Spotify, e direi del digital audio in generale come medium, è rispondere a quelle che sono le esigenze dell'utente. La grande innovazione di questo canale è legata all'ubiquità che ha potuto raggiungere velocemente. Cinque anni fa il servizio di Spotify era disponibile solo su desktop, quindi è diventato prevalentemente mobile, poi sono arrivati gli speaker connessi, l'ascolto in auto, i podcast. E' un mezzo flessibile e intelligente, che si adatta al contesto d'ascolto e ai gusti dell'utente. Quando si parla di streaming si pensa soprattutto al video, che è peraltro un mezzo imprescindibile nelle strategie di comunicazione digitali, ma la fruizione del video non può andare oltre il 30% della giornata. L'Audio digitale può “seguire” le persone dal risveglio. E infatti i numeri sono in crescita costante.

Questa flessibilità, dev'essere fatta propria anche dalle aziende che usano Spotify come canale di comunicazione?

Sì, ed è uno dei plus che la piattaforma pubblicitaria di Spotify offre. Ne abbiamo parlato molto durante le Espresso Sessions: l’audio oggi è un ottimo strumento che permette ai brand di essere culturalmente rilevanti, e adattare la propria identità al contesto in cui si muovono. Ciò è possibile anche grazie ai nostri strumenti di streaming intelligence, che ci consentono di dare ai nostri partner indicazioni profonde sulle audience a cui si rivolgono e sulle loro preferenze. E di adattare il loro messaggio a seconda dell'andamento degli obiettivi della campagna, o del suo andamento, o a variazioni del contesto. Cosa che peraltro in ambito audio è molto più semplice rispetto ad altre forme di comunicazione, come il video. Diciamo che su una piattaforma come Spotify è piuttosto semplice realizzare quello che da sempre è un grande sogno per l'advertising: realizzare una comunicazione one-to-one, ma eseguirla come one-to-many.

Concretamente, quali strumenti e formati offre Spotify ai brand, e quale mix si rivela più efficace?

Abbiamo formati di annuncio display, video e ovviamente audio. Questi ultimi costituiscono la parte principale dell'offerta di Spotify, e possono essere acquistati in vari modi, adattandosi sia a piani di natura radiofonica, quindi basati su reach e frequenza, sia a piani basati su metriche digitali e alle piattaforme di programmatic. Poi c'è la possibilità di costruire operazioni più complesse che consentono di sfruttare in modo davvero completo le potenzialità del mezzo. Con Aptamil, per esempio, abbiamo realizzato un progetto per promuovere una nuova idea di fare musica per le future mamme e i loro bambini. Grazie a una collaborazione con la musicoterapeuta e cantante Elide Scarlata, abbiamo realizzato delle playlist pensate per la mamma in dolce attesa o per i primi mesi del bambino, inframmezzati da interventi della specialista sul ruolo della musica nei mesi prenatali e neonatali. E' un progetto che ci ha dato grande soddisfazione: partito in Italia, è stato poi esteso in altri 5 mercati.

Qual è il profilo delle aziende che investono su Spotify?

Devo dire che l'attenzione è molto alta e, grazie al lavoro del team negli ultimi due anni, c'è una varietà interessante. Con i nostri principali clienti copriamo ben 10 categorie Nielsen differenti. Stiamo crescendo molto anche in settori apparentemente tradizionali come la GDO e il food: due settimane fa per esempio abbiamo tenuto una “Espresso session” con Barilla, con cui collaboriamo intensamente da tempo, dedicata alle possibilità espressive del 3DAudio e dei suoni ASMR nel campo della comunicazione.

Visto il periodo davvero inedito, non posso che chiudere l'intervista con una domanda sul lockdown. Cosa ci porteremo dietro secondo te, a livello professionale?

Abbiamo la fortuna di vivere in un momento in cui gli strumenti digitali ci danno una grande mano per restare in contatto, ciò detto penso che questo periodo ci faccia rendere conto di quale sia il valore di un incontro, un appuntamento, un meeting. Siamo digitali ma il nostro lavoro è uno “sport di contatto” e, attraverso un schermo, non è proprio la stessa cosa. Stiamo però imparando a essere più efficienti nel lavoro, non credo che lo dimenticheremo. E poi, pensando alla comunicazione, credo che l'avvicinamento al digitale che stiamo avendo un po' tutti renderà ancora più evidente di quanto non lo sia già oggi il valore aggiunto che il pensiero “data driven” può offrire alla creatività e, in generale, alla comunicazione. Credo che l'attenzione a questo tema resterà alta, quando si tornerà in acque più tranquille.

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