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12/06/2015
di Francesca Marchese

Kenneth Kralick (Puma): «L'Italia? Paese interessante per l'ecommerce»

‎Secondo l'head of Ecommerce Europe del brand sportivo, il nostro è un mercato strategico per il settore: «E' grande, i clienti danno molta importanza alla moda e ci sono buone infrastrutture»

Le scarpe personalizzate “Factory”, le app per chi va a correre, i giochi online, Instagram e le competition via Twitter: a capo della strategia l’ecommerce del colosso tedesco Puma è Kenneth Kralick, uno dei supermanager di punta del Teradata Connect 2015, l’evento che ha riunito al Wembley Stadium di Londra il gotha del marketing internazionale hi-tech. Il suo intervento, tra i più applauditi in sala e i più commentati sui social, gira tutto su come gestire sul web un marchio globale tenendo le fila di una rete di negozi legati al territorio: perchè «tutta la rete di vendita e tutti gli sforzi - spiega ad Engage - sono rivolti all’approccio offline ed alla relazione “fisica” con i clienti, sia quando entrano in un sito web che quando comprano in un negozio vero, perfino in un multimarca».

L’Italia gioca un ruolo molto particolare all’interno del mercato europeo, tanto che il suo braccio destro - nella sezione ecommerce rinnovata sei mesi fa - è italiano: la marketing manager Marina Franza, che lavora con lui nella sede bavarese di Herzogenaurach, in Germania. «L’Italia è interessante dal punto di vista ecommerce perché è un mercato gigantesco, i clienti danno molta importanza alla moda, ci sono buone infrastrutture per noi - ci racconta Kralick - ma insieme a questo abbiamo dovuto trovare soluzioni antifrode. E’ stato un problema che abbiamo fronteggiato anche in Spagna e pure a Cipro, anche se in quest’ultimo Paese abbiamo lasciato perdere perchè non abbiamo trovato strutture antifrode sufficienti. In Italia, invece, siamo intervenuti su traduzioni e sistemi di pagamento, che sono stati ricostruiti totalmente. Ci abbiamo lavorato per più di sei mesi. Adesso siamo soddisfatti».

Puma è presente in più di 120 Paesi, e dà lavoro ad oltre 10mila persone. Eppure «il mondo intero è semplicemente una collezione di negozi locali - dice Kralick -. Per costruire un brand digitale bisogna agire sui grandi numeri ma ricordarsi sempre di quando si era una piccola impresa: tutti i marchi cominciano in piccolo e si rivolgono all’intero globo». Pure chi è alla guida di un marchio leader a livello internazionale, perciò, riconosce che perfino le strategie globali tornano sempre al punto di partenza, quando il negozio era solo uno, e che nell’innovazione digitale «non c’è nero e non c’è bianco quando parliamo degli esseri umani».

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