di Alessandra La Rosa

Cresce l’adozione di ID di prima parte lato vendita: in Italia li usa l’81% degli editori

Secondo uno studio di Adform, l’utilizzo degli identificatori di proprietà si sta facendo largo tra i publisher come alternativa ai cookie. Ora serve che aumenti anche lato advertiser

Nella ricerca di valide alternative ai cookie terzi, gli ID di prima parte stanno diventando una strada sempre più seguita all’interno del mercato pubblicitario.

Lo rivelano i dati di uno studio internazionale di Adform, secondo cui gli editori hanno velocemente intrapreso il percorso per l'adozione degli ID di prima parte che, nei principali mercati europei, si sta ormai avvicinando ai volumi dei cookie di terze parti.

Secondo quanto afferma il report della società di programmatic advertising, gli editori dimostrano di essere ormai pronti per la scomparsa dei cookie di terze parti. Infatti, la maggior parte usa già gli ID di prima parte nel proprio flusso di bidding (bidstream): in Italia, la percentuale è dell’81% degli editori.

Nel grafico di seguito, le percentuali degli altri Paesi rilevati, che vanno dal 100% della Danimarca al 66% della Polonia (le percentuali si riferiscono ai domini che utilizzano i first party ID su parte del proprio traffico; i siti analizzati rappresentano l’80% della spesa pubblicitaria effettuata attraverso Adform).

(clicca sull'immagine per ingrandire)

E sull’onda di questo trend lato vendita, Adform sollecita i Chief Marketing Officer ad adottare la medesima scelta. Jakob Bak, co-fondatore di Adform, spiega perché siamo a una svolta cruciale per il mercato dell’online advertising: "Quest'anno ci aspettiamo che gli ID di prima parte superino i cookie di terze parti. Infatti, nei mercati del Nord Europa e in Germania, dove Safari e Mozilla hanno una forte penetrazione, l’acquisto di impression basate su ID sta raggiungendo lo stesso livello di quelli basati su cookie di terze parti. In altri Paesi i tassi di adozione degli ID di prima parte variano in modo significativo e, mentre gli editori hanno dimostrato di essere pronti, ora è necessario che anche il lato domanda si attivi per aumentarne l'adozione: per questo sollecitiamo i CMO (chief marketing officer) a farsi promotori del completamento di questo cambiamento. Per i brand è giunto il momento di usare gli ID di prima parte degli editori anziché di quelli di terza parte, sfruttando i vantaggi offerti da Safari e Mozilla e approfittando della scalabilità che gli editori stessi stanno rendendo disponibile. Siamo di fronte a un passaggio e a una transizione che richiede tempi di pianificazione e che non può essere organizzata all’ultimo minuto".


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Analizzando più in profondità i dati raccolti, si rileva che la maggior parte degli editori che hanno iniziato a condividere gli ID di prima parte con Adform non lo fanno sul 100% del loro traffico, e, nonostante gli editori europei abbiano riscontrato risultati positivi, persistono comunque differenze tra i diversi Paesi. Per esempio, nonostante quasi il 70% dei principali editori statunitensi stia passando agli ID di prima parte, il volume complessivo degli ID rimane al di sotto del 20% a causa del fatto che è attivato su una ancora piccola parte del loro traffico, nello specifico, sugli utenti autenticati.

"In primo luogo, bisogna tenere in considerazione la fonte degli ID di prima parte perché, in alcuni casi, gli editori condividono soltanto i log-in ID. Per esempio, vediamo che negli Stati Uniti i log-in ID sono i più comuni. Al contrario, in Europa il maggior numero dei dati di prima parte è basata su cookie, che raggiungono percentuali di volumi più elevate, potenzialmente al 100% del traffico di un determinato editore. In secondo luogo, ci sono fattori tecnici che ancora pongono limitazioni. Non tutte le Supply Side Platform (SSP) supportano pienamente il passaggio degli ID di prima parte nel proprio bidstream verso Adform o verso altre piattaforme”, prosegue Bak, aggiungendo: “Fortunatamente, nove editori su 10 utilizzano più SSP. Quindi, anche se non si tratta di un problema enorme, questa condizione produce conseguenze per il mercato e fa sì che gli editori non abilitino gli ID di prima parte verso tutte le SSP con cui lavorano e quindi la percentuale totale resta piuttosto ridotta", continua Bak.

Gli indicatori di Adform prevedono che, entro il 2022, il rapporto sarà significativamente più alto per gli ID di prima parte rispetto ai cookie di terze parti. Tuttavia, secondo la società, i CMO dovrebbero urgentemente contribuire ad accelerare il cambiamento, una collaborazione fondamentale anche in considerazione del fatto che la sua evoluzione è sostenuta dalle principali agenzie globali.

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