Nella sezione Opinioni, Engage ospita articoli di approfondimento scritti da professionisti esperti di marketing e comunicazione. In questo caso Giacomo Fusina, Ceo di Human Highway, analizza l'evoluzione del mercato pubblicitario in Italia comparandola con quella dei consumi delle famiglie negli ultimi 25 anni, evidenziando alcuni trend e peculiarità
Gli investimenti pubblicitari* negli ultimi 24 anni hanno seguito un andamento altalenante, con un solo anno che ha superato i 10 miliardi di euro: il lontano 2008, prima della crisi finanziaria e dei debiti sovrani. I sei anni difficili del mercato pubblicitario, dal 2012 al 2017, sono associati alla crisi dei consumi innescata dalla crisi del 2008. Dal 2018 in poi si è assistito a un lento e graduale recupero, reso più difficile dagli anni della pandemia.
Negli ultimi 25 anni, i consumi delle famiglie italiane hanno seguito un profilo simile a quello degli investimenti pubblicitari, con tre anni di ritardo. La spesa di oltre 800 miliardi di euro delle famiglie italiane nel 2011 non viene più superata in termini nominali per oltre un decennio. Solo nel 2023, e dopo aver passato il profondo calo dovuto alla pandemia, la spesa torna a un livello superiore a quello di 12 anni prima. L'incremento degli anni 2022/2023 è anche dovuto alla fiammata inflazionistica di quegli anni e, infatti, in termini reali il potere di acquisto delle famiglie italiane è sceso di sei punti dal 2008 al 2023. Si stima che il valore della spesa raggiunga quest'anno il massimo storico, poco oltre gli 860 miliardi di euro.
Il rapporto tra gli investimenti pubblicitari, che sono quasi totalmente orientati a influenzare le spese dei consumatori, e la spesa per servizi e prodotti delle famiglie italiane è stata negli ultimi 24 anni nell'intorno dell’1%. Tuttavia, nelle fasi di espansione dei consumi (per es., nel 2000 e nel 2008) il rapporto è cresciuto fin verso l'1,3% mentre nella lunga fase di stagnazione si è ridotto all'1% (il valore minimo viene toccato nel 2013). Dal 2013 in poi, la lenta ripresa della spesa delle famiglie ha riportato l'indice poco sopra l'1% ma su un livello medio più basso rispetto ai primi anni 2000.
Ciò potrebbe dipendere da due fattori: (1) la pubblicità è diventata più efficiente e - a parità di investimenti - stimola più consumi nel target a cui è rivolta; (2) l'effetto inflattivo ha inciso sulla spesa delle famiglie in misura maggiore di quanto abbia fatto sui listini pubblicitari. È probabile che il secondo fattore prevalga sul primo ma una risposta più articolata potrebbe emergere dall'analisi di dettaglio di alcuni settori merceologici.
Infine, il confronto internazionale mostra come la situazione italiana sia segnata da un basso livello di investimenti pubblicitari rispetto alla spesa delle famiglie a cui questi investimenti si rivolgono.
Mentre la quota spagnola è simile a quella italiana, il rapporto tra investimenti in pubblicità e spesa delle famiglie è notevolmente superiore in Francia (+60%) e Germania (+80%). La situazione rilevata nel Regno Unito appare fuori scala rispetto ai principali paesi dell'Europa continentale.
* La serie storica degli investimenti pubblicitari per mezzo e per mese a partire da gennaio 2000 (consultabile qui) è stata ricostruita grazie ai dati dei report pubblici di Nielsen, di IAB e del Politecnico di Milano. Negli ultimi anni (dal 2019 in poi) i dati sono ripresi unicamente dai report mensili diffusi da Nielsen.