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27/01/2023
di Francesco Leone

Channel Factory e Magna presentano lo studio sui "contenuti non allineati" e l'impatto sui brand

La ricerca ha analizzato tra i consumatori la percezione di campagne video di alcuni brand in relazione al contesto e ai contenuti su cui sono stati pianificati

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Magna Media Trials, il sistema di ricerca proprietario di Magna, in collaborazione con Channel Factory ha elaborato uno studio che ha approfondito l'argomento dei contenuti non allineati: con questo termine si fa riferimento a tutti quei contenuti presenti in contesti in cui i brand che fanno pubblicità non riscontrano una compatibilità con gli stessi in termini di valori o etica del marchio. In altre parole, contenuti che posso risultare spesso dannosi, soprattutto nel settore della pubblicità digitale, poiché erodono le capacità di coinvolgimento degli annunci, ma anche di metriche fondamentali come l'intenzione di acquisto.

La ricerca “The art of alignment: the relationship between brand personality and content appropriateness” prende come riferimento anche i "questionable contents": contenuti presenti in una "zona grigia" e che possono rivelarsi non perfettamente idonei e correttamente pertinenti rispetto al messaggio di un brand. 


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Lo studio ha, dunque, analizzato tra i consumatori la percezione di campagne video di alcuni brand in relazione al contesto e ai contenuti su cui sono stati pianificati. Il report, nei mercati in cui è stata condotta la ricerca (UK, USA, Australia), ha evidenziato che i brand sono ritenuti responsabili dei contenuti a cui si affiancano, rivelando inoltre che il blocco di intere categorie di contenuti non può essere la risposta univoca a tutte le situazioni, poiché la percezione dei contenuti varia a seconda del consumatore. La ricerca ha analizzato, quindi, i contenuti che possono o meno essere allineati con i valori dei singoli brand, in relazione a una serie di verticali e mercati.

“I contesti pubblicitari che ricadono nelle aree grigie richiedono un'attenta valutazione da parte dei brand e delle loro agenzie”, ha dichiarato Joshua Lowcock, Global Chief Media Officer di UM. “Non sempre la stessa soluzione è valida per tutti: un contenuto non in linea con un brand potrebbe essere un'opportunità ingegnosa e poco sfruttata per un altro. In altre parole, ciò che è giusto per un brand non lo è sempre per un altro".

Le principali evidenze dello studio di Magna e Channel Factory

Gen Z e i Millennial sono i target più attenti a queste dinamiche: l'intenzione di acquisto è diminuita del 6% per la Gen Z e dell'8% per i Millennial quando il brand ha diffuso annunci in contesti non perfettamente allineati ai propri messaggi rispetto a contesti già utilizzati in precedenza. 

I brand sono ritenuti responsabili dei contenuti a cui si affiancano: in tutti e tre i mercati i consumatori sono convinti che un brand è allineato con i contenuti a cui affianca il suo annuncio (41% Stati Uniti, 49% Regno Unito e 36% Australia). I consumatori sono diventati più consapevoli dell'ecosistema pubblicitario e hanno condiviso la sensazione che un annuncio mostrato prima di un contenuto video abbia una sorta di correlazione diretta con il brand.

Un “questionable content” impedisce il corretto trasferimento del messaggio del brand: conseguentemente anche le metriche di valutazione ne risentono. Si è registrata, infatti, una maggiore associazione tra messaggio del brand e i suoi valori laddove l’adv è stata visualizzata in contesti standard (+12 punti) rispetto a visualizzazioni in contesti non perfettamente allineati (+3 punti). Nelle “zone grigie” le metriche come l'intenzione di acquisto e l'intenzione di ricerca, diminuiscono notevolmente (e sono pari rispettivamente a 4 punti e 6 punti).

La percezione di mancato allineamento tra brand e suoi valori, è diversa a seconda del marchio; promuovere il proprio brand all’interno di “questionable content” viene considerato particolarmente inappropriato per i brand di giocattoli (+26 punti) e per brand di servizi finanziari (+11 punti). Minore impatto, invece, per i brand di bevande (-14 punti) e di fast food (-22 punti).

In ambito professionale, i brand devono essere ancora più cauti nel porre l’attenzione al contesto in cui promuovono i propri messaggi a un pubblico B2B con un annuncio B2B. In questi casi i “questionable content” sono ritenuti ancora meno appropriati: il 45% non è d'accordo sull’utilizzo di questi contesti non perfettamente allineati quando si tratta di brand di servizi finanziari B2B e il 38% per brand di servizi finanziari B2C.

"Esplorare queste aree grigie dei contenuti nella pubblicità online è stato un interessante viaggio nella percezione del brand e di come è cambiata l’attenzione dei consumatori verso il settore dell’advertising", ha commentato Kara Manatt, EVP, Managing Director, Intelligence Solutions di Magna. "I brand devono imparare ad affrontare anche queste nuove sfide".

"I brand hanno sempre posto grande attenzione nella scelta degli acquisti degli spazi pubblicitari su carta stampata o nel posizionamento dei cartelloni pubblicitari. Questo studio dimostra che, oggi, devono applicare lo stesso rigore alle pianificazioni delle campagne video sui media digitali", ha aggiunto Lauren Douglass, SVP Marketing di Channel Factory. "I consumatori, soprattutto tra il pubblico più giovane, sono sensibili ai contenuti video a cui viene abbinato il messaggio pubblicitario di un marchio, perché ritengono che con la sua pianificazione lo stia sostenendo attivamente. Gli inserzionisti che sono più attenti ai contenuti in linea con i loro valori incontreranno maggiore successo, tra il pubblico, dal punto di vista della percezione e dell'intenzione di acquisto".

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