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di Simone Freddi

Pubblicità online, 32 editori europei fanno causa a Google per posizione dominante

Le media company coinvolte, tra cui Axel Springer e Shibsted, chiedono 2,1 miliardi di euro di risarcimento per pratiche scorrette in ambito ad tech

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Oltre 30 gruppi editoriali europei, tra cui ci sono Axel Springer e Shibsted, hanno avviato una nuova azione legale contro Google per abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità digitale.

L'iniziativa, spiega la Reuters, coinvolge complessivamente 32 editori di diversi paesi tra cui Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Spagna e Svezia. Non ci sono quindi società italiane. Queste media company chiedono un risarcimento di 2,1 miliardi di euro come compensazione per le perdite derivanti dalle presunte pratiche scorrette di Mountain View.  

L’accusa degli editori: «Danno per mercato poco competitivo»

Nella denuncia, presentata dallo studio Geradin Partners al tribunale di Amsterdam, si sostiene che gli editori hanno avuto un danno provocato da un mercato della pubblicità online «poco competitivo, che è il risultato diretto della cattiva condotta di Google». Gli editori dicono inoltre che se Google non avesse una posizione dominante, «avrebbero ottenuto ricavi significativamente più alti dalla pubblicità e avrebbero pagato commissioni più basse» per i servizi di gestione degli annunci pubblicitari. I maggiori ricavi sarebbero potuti servire per fare nuovi investimenti «tesi a rinforzare il panorama editoriale europeo».

Questa nuova azione legale arriva in un periodo in cui il business ad tech di Google è già messo sotto pressione dalle autorità antitrust e regolatorie europee e non solo. Tra le basi legali della causa, gli avvocati hanno citano la multa di 220 milioni di euro già imposta a Google dall' antitrust francese nel 2021. Gli avvocati ricordano inoltre che le pratiche di Mountain View nell’ambito delle tecnologie per la gestione della pubblicità sono attualmente al centro di una indagine in della Commissione europea, da cui è già emerso come il suo business adtech ostacolerebbe la concorrenza nel mercato del display advertising.

Il ruolo di Google nella pubblicità online

Come noto, la società californiana ha sviluppato negli anni una grande varietà di strumenti tecnologici per la compravendita e la gestione della pubblicità online, tra ad buying tools usati dagli inserzionisti per gestire le campagne pubblicitarie, piattaforme di adserving e gestione degli annunci usati dagli editori per la monetizzazione dei loro siti web, e un ad exchange che mette in comunicazione domanda e offerta in tempo reale.

Attraverso questi strumenti, Google detiene una quota di mercato significativa in vari settori della pubblicità digitale, come la ricerca online, la pubblicità display e la pubblicità video. Questo controllo del mercato potrebbe consentire alla società di influenzare i prezzi, limitare la concorrenza e ostacolare l'accesso di altri attori del settore.


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La replica: «Iniziativa speculativa e opportunistica»

Google ovviamente respinge le accuse, e in un commento definisce la causa intentata dagli editori europei “speculativa e opportunistica”, sostenendo di collaborare “in modo costruttivo con gli editori di tutta Europa” e annunciando l’intenzione di dare battaglia, opponendosi “con forza e sulla base di dei fatti”. Si profila dunque un’altra battaglia legale per Mountain View, che anche in America deve difendersi da una denuncia per il presunto monopolio nel mercato della pubblicità digitale, intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. In questo caso il processo inizierà il 9 settembre.

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