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04/05/2023
di Francesco Leone

Da BuzzFeed a Vice: i motivi del crollo dell'avanguardia del giornalismo online

Una crisi profonda quella di un settore che si era proposto di riformare il mondo del giornalismo, con ambizioni editoriali che si sono dimostrate irraggiungibili sotto il punto di vista della sostenibilità finanziaria

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Dallo scoppio della bolla tech del 2022 alle difficoltà nella raccolta pubblicitaria fino agli investimenti troppo vasti, spesso senza un ritorno redditizio. Sono questi i tre elementi chiave che ci aiutano nella lettura della situazione di crisi che si è instaurata negi ultimi mese nel panorama dell’editoria digitale.

È così che avamposti dell’informazione online, come Vox, BuzzFeed e Vice Media, hanno fatto i conti con la dura realtà del mercato. Vox, il gruppo editoriale digitale che edita tra le altre il New York Magazine, ha operato tagli della forza lavoro per far fronte ai bilanci portando in esubero circa 130 tra giornalisti e tecnici. Dopo aver perso il 90% del suo valore in Borsa, BuzzFeed invece ha optato per la chiusura della sua sezione news, proprio quel ramo d’azienda che gli aveva fatto vincere un Pulitzer grazie a un’inchiesta sui campi di detenzione di massa cinesi ai danni degli uiguri. Per Vice Media, il gruppo editoriale fondato nel 1994 a Montreal da Shane Smith, l’epilogo sembra destinato a essere quello della bancarotta dopo i tentativi fallimentari nella ricerca di un compratore.


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Una crisi profonda dunque, che appare definitiva, per un settore che si era proposto come l’avanguardia del mondo del giornalismo con ambizioni editoriali che si sono dimostrate irraggiungibili sotto il punto di vista della sostenibilità finanziaria, complici le difficoltà nel raccogliere un fatturato pubblicitario adeguato e la penalizzazione ricevuta da imprese e finanziatori per via del crollo del comparto tecnologico.

Big Tech e piattaforme del calibro di Facebook e Google hanno mantenuto la propria solidità nel confronto diretto con l’editoria digitale, che ha infatti pagato il costo di un sogno infranto: quello di aggiudicarsi la leadership del mercato dell’advertising.

Media digitali che hanno portato indubbiamente grandi elementi di innovazione nel settore, dalle news allo storytelling fino ai format più originali, ma che hanno sottovalutato la democratizzazione dei contenuti proposta dalla creator economy: un nuovo panorama in cui perfino la migliore delle videoinchieste viene messa a confronto con il migliore dei video ingaggianti proposti da creator che, a differenza dei gruppi editoriali, non devono tener conto di costi di produzione sensibilmente differenti da quelli sostenuti nella propria cameretta.

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