Tommaso Odone, founder di Cognitive
L’intelligenza artificiale è celebrata come il motore di una nuova era dell’advertising digitale, capace di rivoluzionare targeting, creatività, analisi dati e automazione. Ma come insegna la storia, ogni rivoluzione mette in discussione le certezze ad essa precedenti. E allora cosa scomparirà questa volta?
L’AI dei chatbot porta con sé un nuovo modo di accedere alle informazioni, mettendo in discussione il classico approccio a motore di ricerca, click sul link, accesso al sito. ChatGPT è sempre più spesso un interlocutore a cui rivolgere domande e approfondire curiosità, Google Overview invece si presenta come scorciatoia immediata per ottenere una risposta. Queste due celebri AI hanno in comune una cosa: forniscono risposte a partire da contenuti terzi, che citano attraverso link. Ma quanti accedono a questi link?
Chat GPT, a luglio 2025, conta circa 800 milioni di utenti attivi settimanalmente, Google Gemini 400 milioni di utenti al mese, Google Overview invece è utilizzato da 1,5 miliardi di utenti ogni mese (dati Google, luglio 2025). Volumi enormi, in crescita costante, ma a cui corrispondono comportamenti allarmanti. Gli utenti a cui appaiono i riassunti elaborati dall’AI (Overview) che cliccano sui tradizionali risultati di ricerca sono l’8%, contro il 15% degli utenti a cui non appaiono. Gli utenti che invece cliccano sul link nel riassunto sono solamente l’1% (fonte Pew Research Center luglio 2025).
In questa situazione diventa molto complesso interpretare, non il futuro, ma addirittura il presente del media digitale. Per farlo, abbiamo chiesto il punto di vista di Tommaso Odone, founder di Cognitive.
Quale sarà l’impatto dell’introduzione di questi strumenti di Artificial Intelligence sul segmento media?
Il primo e più evidente impatto è il calo del traffico sui siti, che corrisponde a un calo delle ad opportunity. Se gli utenti dimostrano di “accontentarsi” del riassunto sviluppato dall’AI senza entrare nei link da cui sono tratti i contenuti, sarà sempre più difficile applicare strategie di contextual in quanto i volumi di inventory o la frequenza con cui un utente atterra su una categoria di siti saranno limitati. Diventa necessario quindi ottimizzare il più possibile l’esposizione dei messaggi rispetto agli utenti, indipendentemente dal contesto editoriale o l’argomento del contenuto all’interno del quale appare l’inserzione. Per farlo però è necessario un approfondito lavoro sul dato.
In questo senso, ci saranno ripercussioni invece alla reperibilità dei dati?
In questo caso l’AI gioca a favore degli advertiser. Grazie ad essa infatti è possibile costruire profili e segmenti più precisi sfruttando la smisurata potenza nell’elaborazione dei dati. Così facendo è possibile garantire una grande precisione nella delivery delle inserzioni. È fondamentale però che il dato possa essere conservato per lunghi periodi, perché la costruzione di un profilo profondo passa appunto dalla conoscenza dei comportamenti. Quindi, è importante che le tecnologie di tracciamento e di elaborazione non siano basate sui cookie. Cognitive ad esempio utilizza da tempo il Cognitive ID, uno strumento di tracciamento 100% cookieless in grado di raccogliere insight sull’utente per oltre 12 mesi costruendone la “cognitive footprint”. Quest’ultima è una fotografia del consumatore che utilizza algoritmi di AI per arricchirsi nel tempo, definendo e aggiornando in tempo reale le caratteristiche socio-demografiche, gli interessi, un profilo “attitudinale”, la sua posizione nel funnel e le sue abitudini all’interno del processo d’acquisto. Grazie a questa tecnologia, integrata su oltre 10 DSP e SSP, è possibile raggiungere con precisione consumatori con interessi specifici sulla quasi totalità delle inventory italiane.
A livello strategico invece bisognerà cambiare rotta?
La baseline della risposta a questo cambiamento del media è il potenziale di ottimizzazione. Più gli advertiser, e i loro partner, saranno in grado di ottimizzare le campagne, più in fretta riusciranno ad adeguarsi a questa trasformazione. Abbiamo parlato del lavoro di ottimizzazione del dato, ma ci sono accorgimenti altrettanto efficaci in termini strategici. Il Cognitive ID, ad esempio, è in grado di
tracciare un utente lungo tutto il suo percorso d’acquisto, individuando in
tempo reale lo step del funnel in cui si trova. Questo abilita la creazione di strategie realmente Full Funnel, in un’ottica che noi chiamiamo
Fuse Funnel: proporre al consumatore un messaggio aderente alla sua posizione nel customer journey. Questo tipo di strategia tiene conto di innumerevoli fattori comportamentali e trigger utili ad accompagnare l’utente nel percorso d’acquisto. L’idea è quella di sfruttare al massimo tutte le occasioni che si presentano, utilizzando un profondo set di informazioni sul consumatore per prendere le decisioni più efficaci, ad ogni contatto con l’utente. In questo modo, l’utente torna al centro non solo della comunicazione, ma del digitale in generale. E l’AI resta uno strumento a suo servizio, sia nel recuperare informazioni in queste modalità emergenti, sia per una
proposta pubblicitaria rilevante e coordinata con i suoi interessi.