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22/12/2022
di Simone Freddi

Podcast e pubblicità, un potenziale ancora inespresso. Intervista a Massimo Colombo

Crescono produzioni e audience, eppure il mezzo non è ancora entrato nelle abitudini di pianificazione dei brand. Cerchiamo di capire i motivi con il Ceo di Next Digital Publishing

Massimo Pietro Colombo

Massimo Pietro Colombo

In Italia i ricavi pubblicitari associati al digital audio hanno raggiunto, secondo i calcoli dell’Osservatorio Internet Media, appena 20 milioni di euro nel 2021. I tassi di crescita sono a due cifre eppure, guardando più avanti attraverso le previsioni di PwC al 2026, scopriamo che la pubblicità che ruota attorno ai podcast sembra destinata ad avere ancora un peso marginale, arrivando a intercettare tra tre anni solo lo 0,5% di tutti gli investimenti in comunicazione in Italia. Nonostante queste prospettive, il numero di titoli prodotti all'anno va da 7.500 a 11 mila e sono tantissimi i soggetti che stanno investendo in questo settore. Come convivono queste due evidenze apparentemente contraddittorie? Ne abbiamo parlato con Massimo Pietro Colombo, Ceo di Next Digital Publishing, l’editore di MisterGadget.tech.

Massimo, attorno ai podcast ci sarebbe molto potenziale per la pubblicità, ma è un mercato ancora tutto da costruire. Che ne pensi?

“Nella veste di editore di uno dei podcast più ascoltati, ‘Mister Gadget Daily’, che ha registrato 1 milione di download soltanto negli ultimi tre mesi, purtroppo non possiamo che confermare che i ricavi pubblicitari non sono direttamente proporzionali. Per la combinazione di bassi CPM e limitata domanda, al momento, la situazione italiana è molto diversa da quella britannica e soprattutto statunitense, Paesi in cui questo mercato è già molto sviluppato. Il podcast come media pubblicitario non è ancora entrato nelle abitudini di pianificazione, perché spesso non è visto come un veicolo per uno spot audio o un messaggio pubblicitario (la classica citazione in stile radiofonico), ma come prodotto a sé, ossia la produzione del proprio podcast. Ne consegue il grandissimo numero di podcast prodotti che, però nella stragrande maggioranza dei casi, a fatica raggiungono il migliaio di download”.

(Nella foto: il giornalista e conduttore radiofonico Luca Viscardi, voce di Mister Gadget Daily)

Da editore, quanto state investendo nei podcast, e quanta soddisfazione vi sta dando questa attività?

“Stiamo investendo molto perché crediamo in questo mezzo e abbiamo la fortuna di poter combinare le competenze digitali con quelle audio, che ci derivano da importanti e pregresse esperienze radiofoniche. Le audience e le partnership con le piattaforme di streaming come Spotify o Spreaker ci stanno dando grandissime soddisfazioni, i ricavi da adv per ora un po’ meno, ma siamo fiduciosi”.

Quindi come state monetizzando la produzione di podcast?

“Stiamo monetizzando l’attività di podcasting in diversi modi, pubblicitariamente con spot venduti attraverso SPAN (Megaphone), il network advertising di Spotify e direttamente a clienti verticali, spesso con delle citazioni in questo caso. Mentre dall'altro lato produciamo podcast per conto terzi, in ‘full service’, costruiti su misura sulle specifiche esigenze di clienti e agenzie. Quello di maggiore successo che abbiamo realizzato è la serie ‘Pietra Fusa’ per Italcementi

Purtroppo assistiamo a realtà che, per pochi Euro, propongono ai clienti produzioni podcast di scarsa qualità e ancor meno diffusione, rovinando così di fatto il mercato. Mi spiego meglio, dato che non è un video pensano di cavarsela con poco. Nulla è più sbagliato, proprio perché si lavora su di un solo senso è fondamentale che creatività, testi, musica, sottofondi, voci, qualità audio e montaggio siano al top. Poi il fatto che tutte le principali piattaforme di streaming pubblicano senza problemi il podcast induce a pensare che è stato diffuso, ma le statistiche dei download sono impietose perché se pubblicare è condizione necessaria, ma non è certo sufficiente”.

Alla luce di questa evidenza, non sarebbe più semplice per le aziende sfruttare l’ampia produzione di podcast per veicolare delle campagne pubblicitarie?

“Come accennavo pocanzi questo è esattamente uno dei problemi che attualmente affligge il mercato podcast in Italia, ossia il fatto che non è sempre percepita la doppia e la differente valenza del podcast. Stiamo parlando sia di un veicolo pubblicitario in cui inserire in base al target e alle audience il proprio messaggio pubblicitario, come si fa in radio, in TV o su di un sito, sia di uno strumento, a seconda delle esigenze, posizionato a cavallo tra branded journalism e branded content. Nel primo caso è fondamentale scegliere podcast di successo a cui appoggiarsi per ottenere il ritorno di comunicazione atteso, grazie al mix di autorevolezza, target giusto, ma anche ampiezza dell'audience, indispensabile per garantire un ritorno di comunicazione in tempi standard quale una settimana di pianificazione. 

Chi mai per pianificare il proprio spot audio penserebbe di creare la propria radio? Ecco, questo è l'esempio tra il produrre un proprio podcast, che poi deve riuscire a farsi ascoltare, e pianificare un podcast editoriale di successo, che ha già la sua audience. Sono due cose differenti che rispondono a due distinte esigenze, entrambe di valore, ma diverse e con differente impegno, anche economico”.

L'audience però è in continua crescita, e anche le tecnologie associate alla distribuzione e alla misurazione della pubblicità stanno facendo passi da gigante. Perché allora questo mercato fatica a decollare?

“Non solo l'audience è in continua crescita, ma lo è anche l'interesse e il tempo speso, tutte cose che rendono il podcast un ottimo media pubblicitario. Senza dimenticare che il pubblico principale è composto di giovani adulti, spesso difficili da raggiungere in modo efficace. 

Credo che il problema sia di abitudine e culturale, oltre al fatto che la parte audio è sempre stata la fetta più piccola della torta pubblicitaria, specie in Italia.

È verissimo che la tecnologia è in costante sviluppo, ma forse manca una rilevazione delle audience univoca, strutturata e semplice che restituisca una fotografia di questo mercato. Come sempre accade nel digitale, esistono molti dati, probabilmente troppi e non sempre concordanti, per cui spesso i clienti fanno fatica a farsi un'idea e a orientarsi nelle scelte media. Anche per questo forse i centri media potrebbero e dovrebbero fare qualcosa di più per supportare i loro clienti”.

Accennavi a uno scenario internazionale un po’ diverso, soprattutto in USA e UK. Cosa rende il nostro mercato differente? È un fatto tecnico o culturale?

Si, soprattutto negli Stati Uniti il mercato è molto diverso. Oltreoceano, per esempio, i CPM sono 10 volte i nostri e non è una boutade o tanto per dire, realmente hanno un valore proprio di 10 volte più alti di quelli applicati in Italia. Non è un fatto tecnico, ma culturale che per altro ritroviamo anche in tanti altri ambiti media”.

All’orizzonte, vedi qualcosa che potrebbe fare cambiare le cose?

“I numeri e l'interesse del pubblico sono in costante crescita rispetto a un relativamente nuovo, potente e flessibile media audio. Come sempre accade, dove c'è audience e qualità, prima o poi arriva anche l'adv.

Negli incontri con i clienti in cui proponiamo la pianificazione media del nostro podcast quotidiano Mister Gadget Daily, sempre più spesso ci dicono che non avevano mai pensato a un prodotto di questo tipo, ma quando illustriamo i numeri e presentiamo l’audience e il target vediamo un sincero interesse che, sempre più spesso, si trasforma in pianificazione. Spesso però non hanno uno spot audio pronto e anche per questo motivo, proponiamo citazioni fatte dal conduttore o branded content.

Cosa diversa la produzione ad hoc per conto di un cliente di un podcast che deve rientrare in una più ampia strategia di comunicazione, con un budget adeguato, prima per la produzione e poi per la sua promozione e diffusione”.

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