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06/10/2015
di Teresa Nappi

UpStory: la forza dei branded content e degli influencer

La piattaforma di BizUp che consente di pianificare campagne native a performance, fa leva sugli opinion leader della rete. Ne parliamo con il chief executive officer Claudio Vaccaro

Insieme al programmatic, il native advertising è una delle tendenze evolutive più notevoli dell’attuale scenario della comunicazione interattiva: il "native" rappresenta il cuore di un movimento interno alla pubblicità digitale, che esce dai suoi tradizionali confini di “banner” - semplice trasposizione online della pubblicità visiva tipica dei mezzi cartacei - per assumere le sembianze del contenuto che lo ospita, diventandone “parte”. In questo modo, il messaggio viene trasmesso in forma più piacevole, fluida e - secondo la maggior parte degli studi - efficace. Su Engage mag numero 11/2015 abbiamo dedicato un ampio focus al native advertising, raccogliendo opinioni e presentando alcune tra le strutture che possono vantare un'offerta di soluzioni avanzate in questo campo. Tra queste c'è UpStory. Ne parliamo con Claudio Vaccaro, ceo di BizUp, cui fa capo la piattaforma.


Come può un contenuto di brand integrarsi perfettamente nel contesto editoriale ed essere apprezzato dagli utenti? Insomma, come si può lavorare in ottica Native con successo? La ricetta è, secondo Claudio Vaccaro, ceo di BizUp, azienda proprietaria della piattaforma UpStory, «fidarsi degli influencer». Questo particolare concetto è però «difficile da far passare, soprattutto nei confronti di brand molto attenti all'"integrità" della loro comunicazione corporate. Ma la comunicazione sta cambiando radicalmente e oggi publisher, esperti della rete e social influencer sono i soggetti che hanno più credito agli occhi degli utenti, spesso più degli stessi brand. Motivo per cui "integrarsi" fa rima con "fidarsi": il publisher conosce molto bene il suo pubblico, sa come intrattenerlo e informarlo, sa cosa vuole. Nel brief che concordiamo con i brand e che pubblichiamo nella piattaforma UpStory - continua Vaccaro - cerchiamo sempre di tirare fuori la personalità unica dell'influencer, quell'"x-factor" che rende credibile anche un post sponsorizzato».

In una precedente intervista rilasciata a Engage, lei ha definito UpStory come “un centro media per la pianificazione di campagne branded content”. A fronte del vostro know how, quali indicherebbe come i benefici del content marketing per un brand?

Il web è fatto di contenuti e relazioni. Per essere visibili, è necessario entrare in questo flusso, costruendo contenuti e relazioni stabili con gli utenti. "I brand devono essere editori" è la frase che mi piace di più per definire il marketing online di oggi. I benefici evidenti sono sia in termini di performance che di branding: una strategia di content marketing porta maggiore traffico profilato, può contribuire ad acquisire contatti di persone realmente interessate a un prodotto, reputazione - grazie a influencer che parlano dei prodotti/servizi del brand - e vendite. Siamo sempre più convinti che i contenuti debbano entrare nei piani media delle aziende.

Ci farebbe un esempio del vostro modus operandi?

Giunti Editore ha utilizzato UpStory per promuovere i propri titoli gialli in uscita: grazie alla nostra piattaforma e al nostro network, abbiamo coinvolto decine di publisher (blogger e social influncer, ndr) in ambito letteratura e cultura, che hanno potuto leggere in anteprima i libri di Giunti e hanno "detto la loro", creando un fortissimo engagement nei confronti dei loro utenti (abbiamo avuto articoli con centinaia di commenti e condivisioni) e generando traffico e acquisti online. Al termine della campagna digitando il titolo del libro sui motori di ricerca si potevano trovare molte recensioni dei nostri influencer: questo condiziona in maniera decisiva e permanente la reputazione nei confronti dei titoli di Giunti.

Da giugno UpStory e Veesible collaborano sotto il segno del native. Come procede questo accordo?

Ottimamente direi: grazie a Veesible in soli 2 mesi Kia, Voyage Privé, Ford, MSC, Tim e Kiabi hanno avuto modo di sperimentare UpStory con risultati eccellenti in termini di qualità dei post, visualizzazioni totali ed engagement. Il prodotto piace al mercato perché ha spostato il mondo "sponsored post" a un livello molto più sofisticato, basato su numeri e performance certe.

Come prevedete di chiudere il 2015, primo anno di attività di UpStory?

I numeri li comunicheremo a fine 2015 ma saranno esplosivi. Stiamo implementando continuamente UpStory con nuove feature, come la dashboard analytics (con tutti i dati della campagna in real-time, ndr), la piattaforma per il video seeding e algoritmi di data analysis per far emergere sempre di più i publisher di qualità, potendo così dare un servizio sempre migliore ai brand. A fine anno si concluderà la prima fase di UpStory e se ne aprirà un'altra su cui non vorrei svelare troppo in questo momento.

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