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09/04/2015
di Alessandra La Rosa

Davide Scodeggio (Zodiak Active Plus): «Multicanalità e automazione, i nuovi alleati del Branded Content»

Il senior vice president ci racconta la sua visione dell'evoluzione del content marketing, sempre più utilizzato dalle aziende

Per il quinto anno consecutivo prosegue il rapporto tra Zodiak Active e Brown Forman per dar vita on field, online e in TV a Jack On Tour 2015, il viaggio di Jack Daniel’s in giro per l’Italia alla scoperta dello spirito rock. Un progetto che in questi anni è riuscito a innovarsi senza perdere lo spirito originale della piattaforma di comunicazione, trovando una chiave di lettura originale e modalità di interazione con il target sempre più in linea con quel concetto di cross-canalità che sempre più sta diventando indispensabile per incontrare le nuove esigenze di fruizione di contenuti del pubblico.

Di questo progetto e di come il Branded Content si stia evolvendo, diventando peraltro uno strumento sempre più utilizzato dalle aziende ai fini della loro comunicazione, abbiamo parlato con Davide Scodeggio, SVP Zodiak Active Plus.

Parliamo di Jack on Tour, un’iniziativa che vi vede al fianco di Jack Daniel’s ormai da diversi anni. Com’è andata quest’ultima edizione?

Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro fatto quest’anno con Jack On Tour. In questa edizione abbiamo scelto di dedicare al progetto un team che unisse ai “veterani” degli anni precedenti dei nuovi talenti. Questo ci ha permesso di schierare un set di competenze a 360°: dallo storytelling al content marketing, dalla produzione video alle campagne ADV online e offline fino all’influence marketing, con un notevole sforzo di coordinamento di tutti gli interlocutori coinvolti. Questo lavoro strategico e creativo si è tradotto in una piattaforma davvero cross-canale, che ci ha permesso di rimanere fedeli allo spirito di indipendenza della marca, trasmettendo emozioni e costruendo occasioni speciali legate al rock.

Jack on Tour rappresenta perfettamente quella integrazione tra mezzi, off e online, che è tipica di moltissimi progetti di comunicazione oggi. In ambito di branded content, quanto il digital può offrire all’offline e viceversa?

Per gli utenti le barriere tra online e offline sono sempre più labili: basti pensare alla pervasività dei mobile device nella nostra vita di tutti i giorni (accedono a internet da device mobili 17,3 milioni di italiani nel giorno medio rispetto ai 12,5 milioni di utenti che si connettono da PC) e come questo vada ad incidere sulle occasioni di contatto con essi, sempre più “anytime, anywhere”. Per cogliere queste opportunità i Brand devono adeguarsi a un diverso modo di fruire di contenuti e di interagire, considerando il mobile non solo come “second screen” ma come vero e proprio “first screen”. Noi ci muoviamo in questo senso, guardando in tutte le direzioni possibili: ci consultiamo con le principali piattaforme social e video perché rappresentano il primo touch point via mobile con la maggior parte delle persone. La nostra creatività lavora quindi per costruire contenuti fruibili realmente in mobilità e che possano portare ad un’azione immediata, di condivisione virtuale ma anche di azione reale, come ad esempio riservare un posto per sé e i propri amici ad uno showcase di Jack, dopo aver visto il video-invito sull’app mobile di YouTube. Inoltre, parliamo con editori e broadcaster per costruire progetti autenticamente native: preferiamo lavorare in quegli ambienti digitali che già sono mobile-ready e soprattutto che già raccolgono l’attenzione delle persone, piuttosto che creare “cattedrali” nel deserto.

Sempre più aziende sembrano preferire il branded content a forme di comunicazione pubblicitaria più “tradizionali”. Lo testimonia anche il grande successo del Native Adv e di progetti di comunicazione basati sullo storytelling. Sembra insomma che le aziende siano più focalizzate a “raccontare” qualcosa. Lei è d’accordo?

Le aziende hanno sempre avuto storie da raccontare, sin dai tempi delle soap opera e di Carosello. Ma con il digital le occasioni di storytelling si sono moltiplicate e soprattutto ampliate: il web offre modalità e tempi diversi di fruizione. In rete possiamo integrare i formati di comunicazione tradizionale (es. la versione extended degli spot tv, i dietro le quinte di una campagna, i video tutorial di prodotto), ma la sfida più interessante è lo sviluppo di formati pensati nativamente online, dove utilizzare un linguaggio e affrontare tematiche che i canali tradizionali non permettono di valorizzare. I “messaggi promozionali” tout-court continueranno ad esistere - anzi, assumeranno sempre più valore in particolare sul web dove il contesto social media sta diventando sempre più paid – ma dovranno essere supportati da contenuti rilevanti che permettano di differenziare la propria offerta, di trovare nuove modalità di contatto e di stabilire una connessione con le persone. Sui canali digitali abbiamo l’opportunità di creare un messaggio promozionale che funziona, non perché fa finta di essere altro, ma perchè promuove davvero un benefit per un potenziale acquirente. Si tratta di lavorare sull’offerta commerciale, sul contenuto che la veicola, sulle modalità di distribuzione organica e così come a pagamento. Online abbiamo di fronte un consumatore smaliziato, un cliente esigente: più sapremo riconoscerlo e sollecitarlo con input di contenuto appropriati, più contribuiremo a raggiungere reali obiettivi di marketing.

Secondo lei, per rendere più efficace in termini di ROI un “contenuto”, quanto sono importanti aspetti più prettamente tecnologici? Con l'avvento del Programmatic Advertising, si parla sempre più spesso del rapporto tra creatività e tecnologia. Secondo lei è un connubio possibile? Trovo che l’elemento tecnologico rappresenti un asset nell’elaborazione di piani strategici di marketing e comunicazione.

Conoscere dinamiche e opportunità offerte dalle piattaforme digitali rappresenta un effettivo vantaggio competitivo. Ho anche imparato in tutti questi anni che il valore distintivo è nella mente strategica e creativa che guida il processo e usa la tecnologia come leva per fare un salto creativo dal dato all’engagement. L’automazione è uno strumento che funziona in mano a team di talento, in cui creativi, planner, sviluppatori, social media manager, producer e autori video lavorano insieme. Quindi per noi piattaforme e sistemi tecnologici sono un potenziale enorme perché ci permettono di raggiungere e processare quantità di dati e informazioni che difficilmente avremmo potuto maneggiare senza il loro ausilio. Stiamo lavorando per integrare sistemi big-data nel processo di generazione degli insight creativi, così come le funzioni di targeting e clustering delle piattaforme digitali ci permettono di fare ragionamenti estremamente fertili non solo sulla distribuzione dei contenuti, ma anche sulla genesi del contenuto stesso. Tutto questo concorre a ottimizzare non solo l’efficacia del contenuto ma la focalizzazione dell’intero progetto su chiari obiettivi di marketing. Siamo convinti che la nostra missione sia identificare insieme al cliente proprio questi obiettivi e i relativi KPI. Da qui discende poi una valutazione strategica e operativa di tutti quegli strumenti che partner selezionati e realtà cutting-edge quotidianamente offrono sul mercato.

Più in generale, parlando di branded content, quali sono secondo lei i trend più rilevanti del settore e quale il suo futuro?

Sono convinto che l’evoluzione del branded content consista nell’ampliamento della sua accezione e di conseguenza del suo potenziale: non semplicemente formati video per la TV o il web, ma tutta quella serie di contenuti che – indipendentemente dal formato e dal canale - riescono a intercettare gli interessi delle persone, trasferendo al contempo un messaggio strategico per la marca. Il branded content come punto di incontro tra quello che la marca vuole raccontare e quello che le persone cercano, anche letteralmente attraverso Google, o la search su YouTube o ancora quella su Facebook o Twitter. Seguendo questa definizione più allargata, ci proiettiamo in uno scenario veramente internazionale e contemporaneo. Questa è la visione: accompagnare i nostri clienti nel processo di costruzione di un vero e proprio ecosistema di comunicazione basato sui contenuti e che tramite essi possa concretamente assolvere agli obiettivi di marketing perché nasce da una valutazione strategica e analitica dei dati e prevede un continuo processo di aggiustamento in chiave di performance.

Parliamo ora di Zodiak Active Plus. Come si è chiuso il 2014 della società in termini di fatturato? Che obiettivi avete per quest’anno?

Posso dire con soddisfazione che il 2014 è stato un anno di crescita rispetto al 2013, nonostante uno scenario di mercato davvero difficile. Merito dell’impegno costante e della estrema professionalità mostrata negli anni da tutte le persone di talento che compongono l’Agenzia. Abbiamo raccolto quanto abbiamo seminato: da sempre ci caratterizziamo per un approccio strategico e consulenziale, per la capacità creativa nativamente cross-canale, per la sensibilità per la sfera dei social media e per la reattività tipica della generazione digitale. E’ un posizionamento che in Italia ci viene riconosciuto come unico e, in qualche modo, atipico. Ma lavorando e confrontandomi sempre più spesso con le realtà estere, posso dire che questa è la chiave di un servizio di agenzia al passo con la contemporaneità e sempre più necessario sia per muoversi nello scenario internazionale, sia per garantire il successo dei progetti nazionali.

Avete nuovi progetti strategici in cantiere?

Ci presentiamo sul mercato con un’offerta di servizi a 360° costruita diversificando le expertise interne all’Agenzia: dalla consulenza strategica e marketing alla creatività di comunicazione, dal Social Media Management all’E-Care (che risalgono al 2005, agli albori del web 2.0), dal Digital Advertising allo Storytelling di Marca. Siamo impegnati in un percorso di continua evoluzione ed innovazione che vede già la sua prossima sfida: strutturare il framework strategico con cui rendiamo sempre più efficaci i contenuti in chiave di ROI, facendo leva su un mix originale di creatività, sistemi di aggregazione e lettura degli insight, pratiche e strumenti innovativi di content marketing e partnership di spessore con i principali operatori del settore.

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