Deterministico o probabilistico, qual è il metodo di targeting più utilizzato quando si pianifica una campagna data-driven?
L'istituto di ricerca The Relevancy Group ha intervistato una serie di aziende sul tema, rivelando come i dati deterministici, quelli cioè basati su informazioni conosciute dell'utente come gli indirizzi email o i profili social, siano utilizzati molto più spesso di quelli probabilistici, ossia basati su informazioni anonime come gli indirizzi IP o i browser utilizzati, e anche ritenuti più efficaci.
Tuttavia, il confine tra i due metodi è ritenuto piuttosto labile dai marketer, che spesso preferiscono utilizzare un mix tra i due: quest'anno il 32% delle aziende farà targeting deterministico, il 19% probabilistico e il 30% opterà per un approccio combinato.
Anche sull'efficacia dei metodi il parere è abbastanza netto: il 32% degli intervistati ha dichiarato che il targeting deterministico è il più efficace, in quanto consente un'accuratezza della segmentazione maggiore e dunque la possibilità di erogare messaggi pubblicitari più rilevanti per l'utente e produrre tassi di engagement più alti. Ma l'approccio combinato sta di poco dietro (27%), seguito dal metodo probabilistico al 22%.
L'avanzata del metodo combinato, secondo Peggy Reinders, analyst di TRG e co-autrice del report, citata da AdExchanger, sta soprattutto nel fatto che fare targeting deterministico lega in qualche modo le aziende a pianificare solo su quelle piattaforme che lo garantiscono, come Facebook e Google. Inoltre, secondo l'analista, utilizzare dati deterministici può comportare dei problemi nella scalabità della campagna.
«Se si vogliono utilizzare più canali pubblicitari oltre Facebook e Google per avere quella scalabilità che si cerca ed essere capaci di intercettare gli utenti all'interno dell'ambiente mobile - ha commentato - c'è bisogno di una combinazione di entrambi i metodi».