08/10/2021
di Lorenzo Mosciatti

IAB Italia e il caso Facebook: «Ci appelliamo agli spender: pretendete più controlli sui contenuti online»

Carlo Noseda, presidente di IAB Italia

Il nuovo scandalo che coinvolge Facebook, con le dichiarazioni della talpa Frances Haughen, e le conseguenze che ne derivano rischiano di mettere in discussione il settore della pubblicità digitale che si basa su un sistema che non sacrifica la correttezza o la responsabilità dei contenuti per creare audience. A sostenerlo è IAB Italia, l’’associazione di riferimento della comunicazione digitale con 200 soci tra agenzie, aziende investitrici, editori e operatori ad-tech.

L’advertising online, così come le informazioni, si basa su un rapporto di fiducia con gli utenti che va mantenuto nel tempo, è il pensiero di IAB Italia. Per questo l’associazione, si legge nella nota stampa, “ribadisce con fermezza la necessità di un comparto - advertiser ed editori - che deve lavorare all’unisono per una comunicazione pubblicitaria digitale etica e responsabile rivolta sempre alle persone e non semplicemente agli utenti”.
 
“In nome dell’innovazione spesso si è sacrificato la trasparenza dei processi. È innegabile come l’evoluzione tecnologica portata avanti dai colossi del web abbia migliorato diversi aspetti della nostra industria con ripercussioni positive sia sull’advertising digitale, sia sulla fruizione dei contenuti, ma a quale prezzo? In nome degli algoritmi, automatismi da intelligenza artificiale e altre innovazioni tecnologiche, si è spesso sacrificato la possibilità di garantire ambienti online sani e attenti all’impatto che parole e video possano avere sulla comunità. Questo perché le piattaforme social hanno come priorità la crescita spasmodica e a ogni costo dei propri utenti e del livello di engagement”.

"Lo sviluppo tecnologico è fondamentale e come associazione non mettiamo in dubbio le sue potenzialità, ma vorremmo che sia un’opportunità guidata e opportunamente regolamentata. Per fare questo è necessario tracciare dei confini chiari all’insegna di una maggiore etica digitale che deve diventare una caratteristica di tutti gli attori della filiera. Una caratteristica divenuta già una prerogativa per il consumatore di oggi che non si sofferma solo sulla qualità del prodotto che compra, ma cerca nelle sue scelte di acquisto brand che condividono i suoi stessi valori”. Quale sicurezza offrono oggi piattaforme come Facebook ai marchi che pubblicizzano i propri prodotti in contesti online dove non c’è nessun filtro tra messaggi di odio, fake news e disinformazione? Se il legislatore - europeo o italiano - fatica a velocizzare il processo di regolamentazione delle big tech, il cambiamento può arrivare dal settore e in primis da chi, gli investitori, oggi ha il potere di poter cambiare le cose”.
 
"Per questo, così come la presa di posizione intrapresa in passato da alcuni grandi brand, chiediamo alle aziende investitrici di pretendere dai colossi del web maggiore responsabilità e controllo dei contenuti veicolati sulle piattaforme. Questo porterebbe verso un mercato che si evolve in maniera sostenibile: solo se tutti gli operatori del settore - i colossi del web in primis - lavoreranno nel rispetto delle regole, si potrà far crescere la fiducia delle persone verso il contesto digitale".

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