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21/05/2025
di Francesca Sales

Comunicazione di… guerra: i casi Edip e Aiad

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Nella sezione “Opinioni”, Engage dà spazio ad articoli di approfondimento scritti da professionisti ed esperti di comunicazione. In questa occasione Francesca Sales, freelance specializzata in vicende reputazionali, parla di come la partita della Difesa europea si giochi anche – e soprattutto – sul terreno dell’informazione, tra strategie comunicative, scontri geopolitici e questioni di reputazione che coinvolgono tanto gli Stati quanto le industrie del settore.


Ribolle la comunicazione di guerra in queste settimane, tra cose più o meno avvertite, ma che richiedono in ogni caso "tastiere affilate" e cervello fino. Due su tutte? Nell’indifferenza dei grandi mezzi di informazione è in corso uno scontro che vede da un lato la Francia e dall’altra un gruppo di Paesi, capeggiato dall’Italia, in compagnia di Polonia e Svezia.

I cugini d’Oltralpe sono stati più bravi di noi, a quanto pare, nel raggiungere la formulazione definitiva del regolamento Edip (European Defence Improvement Programme). Risultato? Le aziende della Difesa italiane rischiano di rimanere fuori dai finanziamenti europei a differenza delle loro omologhe francesi e, come se non bastasse, la Francia ci accusa di essere contrari alla stesura definitiva (in realtà semi-definitiva) del regolamento perché intenzionati non a costruire una industria europea della Difesa, ma a mantenere il cordone ombelicale con gli USA (lo scrive chiaramente nei giorni scorsi il giornale Le Point).

La realtà è che c’è molta strumentalità da parte francese, perché con la scusa di dire che non ci si può ricorrere a fornitori extra Ue per fare più forte l’industria Ue alla fine si tagliano fuori dal progetto generale proprio buona parte di industrie europee.

E la partita industriale si gioca ancora una volta su informazione e comunicazione, che tanti sistematicamente sottovalutano così come sottovalutano la reputazione. E a tal proposito un’altra notizia ha fatto il giro delle scrivanie degli ambienti della Difesa in questi giorni.

Il quotidiano online Affari italiani ha scosso un certo mondo militare con uno scoop. Davvero – ci si domanda in imprese e Stati maggiori – il ruolo del segretario generale della della federazione delle imprese della difesa, dell’aerospazio e sicurezza (Aiad), Carlo Festucci, è nei fatti un “incarico a vita”? Il giornale fondato da Perrino lo scrive a chiare lettere in un articolo che sta facendo discutere molto a Roma, anche a viale dell’Astronomia, perché l’Aiad è una costola di Confindustria.

Da Elettronica ad Avio, fino ad arrivare a Leonardo e Fincantieri, le bocche sono cucite, ma sembrerebbe veramente che l’imbarazzo sia motivato dalla impossibilità di smentire la notizia. Insomma, Festucci non può essere licenziato come qualsiasi altro dipendente o dirigente di questo mondo, ma deve abdicare e avrebbe battuto ogni record anche in questo caso. Quando, infatti, Vittorio Emanuele III si decise a lasciare il trono d’Italia in favore del figlio, Umberto II, aveva 77 anni. Festucci ne avrebbe 78 suonati.

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