20/06/2022
di Andrea Salvadori

Automotive, largo consumo e centralità della tv: ecco perché in Italia la spesa pubblicitaria frena più che all’estero

Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italy, e Alberto Dal Sasso, Adintel Mediterranean Cluster Leader di Nielsen, cercano di spiegare perché nel nostro paese è stimata una crescita meno marcata degli investimenti advertising

Se a livello internazionale la spesa pubblicitaria sembra tenere nonostante le incertezze economiche dettata dal conflitto in Ucraina e dalla spinta inflativa, lo stesso non si può dire per l’Italia. Nelle scorse settimane i centri studi dei principali centri media del mercato hanno infatti pubblicato i primi aggiornamenti dei loro forecast predittivi sulla spesa advertising dopo lo scoppio della guerra. E quello che ne è emerso per quanto riguarda l’Italia è un generale abbassamento delle stime rispetto a quanto previsto solo qualche mese fa, mentre per quanto riguarda le altre economie occidentali le previsioni sono rimaste pressoché invariate. 

La previsione di GroupM è passata dal +5% al +1%, qualle di Zenith dal +5% al +0,6%, mentre Magna vede ora un mercato italiano in crescita del 3% addirittura contro il +11% della precedente valutazione.

«Nella nostra lettura dell’andamento del mercato pubblicitario per il 2022 possiamo parlare di una decelerazione, piuttosto che di un declino, trainato dall’assenza o dal congelamento di alcuni budget di importanti investitori pubblicitari», commenta Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italy. «Il primo grande assente è il settore dell’Automotive che, già da giugno 2021, ha tagliato i propri investimenti a causa della carenza di micro-chip e dei semiconduttori. E il rischio è che questa tendenza potrebbe perdurare ancora per due anni con conseguenze importanti sul mercato pubblicitario, anche e nonostante la campagna incentivi».

Tagli e congelamenti considerevoli, prosegue la manager, «arrivano anche da una parte del Largo Consumo, impattato da un intreccio di cause, accelerate dalla crisi ucraina. L’esplosione dell’inflazione frutto della crisi energetica, della difficoltà nel reperimento delle materie prime e nelle esportazioni, ha spinto a tagliare in modo importante - a volte anche a doppia cifra - gli investimenti di settori come Food, Beverage e Toiletries». L’andamento sarà simile anche per una parte del comparto Energia/Utilities, soprattutto per quei prodotti colpiti dall’incremento dei prezzi di gas e petrolio. È, tuttavia, interessante evidenziare un atteso incremento per tutta la componente green che avrà sempre più necessità di comunicare la transizione ecologica. In uno scenario di incertezza, però, si confermano alcune sicurezze: due settori su cinque del Largo Consumo (Gestione Casa e Personal Case) dovrebbero mantenere solidi i propri investimenti, così come tutto il mondo del Retail (food/non food, e-commerce). Da evidenziare il ritorno del Turismo dopo due lunghi anni di assenza, anche se a rischio di ‘confinamento’ nel solo periodo estivo».

«Il drastico aumento dei prezzi dell’energia, che ha colpito duramente il nostro Paese, la crescita dei tassi di interesse, l’aumento dell’inflazione e il decremento di investimenti in mercati trainanti come quello dell’automotive possono spiegare il differenziale di crescita tra altri mercati occidentali e il nostro descritto in alcuni scenari», conferma Alberto Dal Sasso, Adintel Mediterranean Cluster Leader di Nielsen. «A mio parere va detto però che non è solo una situazione italiana, ma soprattutto europea. Abbiamo imparato durante la pandemia che l’industria pubblicitaria è sempre più globalizzata, risentendo allo stesso modo e con le stesse dinamiche di situazioni che influiscono sulle grandezze macroeconomiche. Infatti, l’Italia non risente più o meno delle altre economie europee di questa flessione della crescita, ma in egual misura. E se alcuni paesi del mercato occidentale, come ad esempio gli USA o America Latina, avranno delle crescite importanti sarà da imputare alla distanza e alle dipendenze dirette dai luoghi del conflitto». 

Non vi è dubbio che, come sempre, gli investimenti advertising sono fortemente correlati all'andamento dell'economia e dei consumi. «Va da sé che in questa fase i settori che hanno frenato sono quelli legati alla crisi economica provocata dall'invasione russa in Ucraina», continua Alberto Dal Sasso. «Le automobili (-40.2% nei primi quattro mesi del 2022) soffrono della mancanza di componenti e dell'aumento dei costi dei carburanti, oltre a scontare l’impatto delle recenti disposizioni del Parlamento Europeo in tema di transizione elettrica. Anche l'alimentare (-12.2%) e il toiletries ne risentono, in questo caso soprattutto per l'aumento del costo delle materie prime. Va detto anche per contro che assistiamo a crescite importanti dei settori come il turismo (+254%), il tempo libero (+22.5%) e l'abbigliamento (+49.4%), segno che il bisogno di riprendere una vita normale ricca di socialità come trend di medio periodo dall'uscita dalla pandemia rimane importante».

La tv in Italia è semrpe rilevante

Ma perché dunque in Italia le previsioni sono più basse rispetto agli altri paesi occidentali? «Il mercato pubblicitario italiano ha una forte peculiarità rispetto ai suoi omologhi europei e a quello statunitense: il peso della componente televisiva, ancora rilevante per quasi tutti i principali investitori pubblicitari», dsottolinea Federica Setti «Per il 2022 stimiamo una quota televisiva attorno al 35%, decisamente importante rispetto a paesi simili al nostro come Spagna (23%), Francia e Germania (14%, anche se in questo caso vigono legislazioni diverse in ambito pubblicitario). Senza considerare la Gran Bretagna che, ormai da quasi 10 anni, ha visto il sorpasso del digitale sulla tv (10%), o gli Stati Uniti (20%). La maggiorparte degli investitori televisivi in Italia è rappresentata proprio da quei settori che, come abbiamo visto in precedenza, potrebbero ridurre i propri budget per quest’anno. L’Assenza di Automotive e Fmcg per i quali la tv rappresenta tra il 60/70% del proprio media mix ha un effetto immediato sulle performance del mercato pubblicitario, e ne fa emergere istantaneamente debolezze e criticità».

Un'inversione di rotta nel secondo semestre?

Un eventuale miglioramento delle stime sugli investimenti pubblicitari italiani, e un’accelerazione dunque della spesa nel secondo semestre dell’anno, per Alberto Del Sasso, strettamente connesso alla crisi ucraina. «Tutto dipenderà da quanto succederà all'estremo est del nostro continente. Non dimentichiamo comunque i primi Mondiali di calcio "invernali" che, indipendentemente dalla partecipazione degli Azzurri, rappresentano una buona opportunità di comunicazione per le aziende impegnate nel sostegno dei loro brand».

Quel che è certo, nello scenario attuale, è la difficoltà nell’elaborare previsioni per la volatilità del periodo e le continue forti incertezze, «non da ultimo l’andamento dei tassi e le continue operazioni di aggiustamento messi in atto dalla BCE», sottolinea Federica Setti. «Per adesso GroupM Italy prevede un quarto trimestre 2022 un po’ in difficoltà, non tanto - e aggiungerei non solo - per gli andamenti economici, la crisi ucraina, gli effetti inflattivi che cominceranno a ripercuotersi sull’economia reale, ma anche perché dobbiamo ricordarci che l’anno scorso gli ultimi mesi dell’anno sono stati segnati da uno spiccato rimbalzo. Pareggiare un salto così importante sarà dunque dura, anche con i Mondiali (e senza l’Italia)».

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