di Marco Donati

Google introduce un nuovo sistema per consentire agli editori di sfruttare i dati di prima parte

L'obiettivo è migliorare la personalizzazione degli annunci, il targeting e le esperienze pubblicitarie nel complesso

Google ha introdotto una nuova modalità per gli editori di utilizzare i dati di prima parte. Ora i publisher potranno condividere Publisher-provided identifier (PPID) con gli acquisti in programmatic di Google per migliorare la personalizzazione degli annunci, il targeting e le esperienze pubblicitarie.

“Aiutando gli editori a espandere l’utilizzo dei loro identificatori di prima parte a più tipi di transazioni, come l’Open Auction, i nostri partner saranno in grado di mostrare annunci che sono più rilevanti per il loro pubblico, il che aumenterà il valore della loro inventory programmatica”, ha dichiarato in un blog post Steve Swan, Product Manager di Google Ad Manager.

Cos'è un Publisher-provided identifier

Il PPID consente agli editori di inviare a Google Ad Manager un identificatore che può essere impiegato nel frequency capping, nella segmentazione dell’audience e nel targeting, nella rotazione sequenziale degli annunci e in altri controlli di erogazione di inserzioni basati sull’audience sui dispositivi.


Leggi anche: Google, ecco le nuove soluzioni di ricerca e pubblicitarie per le piccole imprese commerciali


Come funziona il nuovo sistema

Google ha dichiarato che la nuova forma di condivisione di PPID proteggerà la privacy aiutando editori e inserzionisti.

Nel dettaglio, prima di condividere i PPID con la domanda proveniente da Google, Ad Manager li trasforma in ID partizionati a seconda del publisher, così gli utenti non possono essere identificati sui siti e sulle app di altri editori. Dopodiché Google Ads e Display & Video 360 aggregano i dati anonimizzati dagli editori partecipanti per aiutarli a costruire dei segmenti di audience.


Leggi anche: Google, ecco le nuove soluzioni di ricerca e pubblicitarie per le piccole imprese commerciali


Utilizzando questi segmenti, gli inserzionisti possono erogare in programmatic annunci rilevanti su siti e app dell’editore basandosi su dati di prima parte. Oltre ad aiutare gli editori a guadagnare di più in fase d’asta, i dati sbloccano anche funzionalità fondamentali per gli investitori, come la reach cross-device, frequency management e ottimizzazione creativa su inventory programmatica senza cookie di terza parte o altri identificatori

Gli inserzionisti che potranno costruire segmenti dai dati dei PPID non potranno vedere dati utenti o informazioni individualizzati.

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI