• Programmatic
  • Engage conference
  • Engage Play

Marketing Technology

Pasquale Borriello
a cura di Pasquale Borriello

Come la tecnologia sta cambiando il marketing e la comunicazione. Pasquale Borriello è amministratore delegato di Arkage (Artattack Group), ha un background in filosofia e matematica e una specializzazione in marketing in Canada.

30/03/2022

Le tecnologie alla base del Metaverso

tech-metaverso.jpg

Tutti, ma proprio tutti, stanno parlando del Metaverso. Chi sono io per esimermi? Proverò però a parlare di un aspetto meno discusso: le tecnologie alla base della ‘realizzazione’ del Metaverso, almeno per come ce l’ha raccontato Zuckerberg lo scorso 29 ottobre.

Nella visione del fondatore di Facebook, il Metaverso è un’interfaccia immersiva tridimensionale che permette di accedere ai contenuti tipici dei social network e del web in generale, in una realtà persistente e condivisa tra i vari utenti.

Le potenzialità sono enormi: alcune stime parlano di un mercato potenziale da circa 800 miliardi di dollari (Bloomberg Intelligence). Ma perché tutto questo diventi reale è necessario che siano sviluppate e migliorate alcune tecnologie sia a livello di front-end per gli utenti, sia a livello di back-end per i ‘creatori’ dei vari Metaversi. Probabilmente non accadrà prima di 5 o 10 anni, ma intanto vediamo a che punto siamo.

Le infrastrutture tecnologiche per il Metaverso

Cominciamo dal livello infrastrutturale: una realtà di questo tipo necessita di connessioni veloci e protocolli di trasmissione che supportino grandi quantità di dati (bandwidth). Non solo 5G quindi ma anche Wifi più evolute, processori e schede grafiche adeguatamente potenti. Queste performance al momento sono garantite soltanto dai device più recenti e nelle aree metropolitane raggiunte da potenti connessioni in fibra ottica e reti mobile di ultima generazione.

I device per accedere al Metaverso

L’infrastruttura che servirebbe ad accedere al metaverso quindi già esiste, ma al momento non abbiamo ancora device adeguati: i visori di realtà virtuale (VR) sono piuttosto scomodi con batterie che durano poco: utilizzarli continuativamente per ore è praticamente impossibile. Inoltre, le lenti hanno una risoluzione limitata così come – generalmente – la potenza dei processori grafici: siamo ben lontani dal poterci immergere in ambienti fotorealistici. Per quanto riguarda invece la realtà aumentata (AR), siamo probabilmente ancora più lontani: non esiste praticamente nessun dispositivo che non sia praticamente un prototipo. A tendere, andremo verso la dimensione della realtà estesa (XR), ovvero un continuo passaggio da realtà fisica a realtà virtuale, passando attraverso la realtà aumentata, in modo fluido e in base alla convenienza per l’utente. Immaginatevi ad esempio che per una videoconferenza di lavoro da casa io possa scegliere di immergermi nelle realtà virtuale e invece per trovare le informazioni sul negozio sotto casa decida di sfruttare la realtà aumentata. Il tutto, indossando il medesimo paio di occhiali sempre connessi ad alta velocità alla rete e magari con controllo vocale.

Le piattaforme Metaverse-ready

Se dal punto di vista dell’esperienza utente ci mancano i device, siamo invece a buon punto per quanto riguarda le piattaforme: Decentraland, Horizon, The Sandbox, Roblox, Axie Infinity (o se preferite World of Warcraft) sono mondi virtuali persistenti che già si prestano ad essere utilizzati da aziende per creare i propri spazi nel Metaverso – e infatti molte aziende li stanno già sperimentando con successo. Certo, l’esperienza si limita il più delle volte a navigare da browser o da app su un dispositivo mobile, ma sempre meglio di niente. Purtroppo, infatti, i visori VR come Meta Quest (ex Oculus) sono ancora supportati parzialmente: ad esempio non esiste una versione ufficiale Roblox VR (anche se ci sono diversi metodi per poterlo usare con i visori).

In qualche modo, è – incredibilmente – come se l’attenzione delle aziende nei confronti del Metaverso fosse partita ben prima della reale disponibilità di tale tecnologia per il grande pubblico. Ovvero è come se tutti avessero cominciato a sviluppare app per iPhone prima ancora che fosse presentato l’App Store – che nella prima iterazione dell’iPhone non c’era!

Tutto questo semplicemente non ha senso. O forse sì: se è vero infatti che i mondi virtuali evolveranno naturalmente assieme alle piattaforme che li ospitano, allora significa che saranno già pronti quando avremo tutti un paio di occhiali (VR o AR) appoggiati sul naso. Per una volta, arriva prima il software dell’hardware.