19/11/2020
di Giovanni Bonanno ⏤ Advertising Director di Alkemy

Il futuro del digital marketing in un mondo senza cookies: cosa sappiamo e come prepararsi

Giovanni Bonanno, Advertising Director di Alkemy, analizza quali potrebbero essere le conseguenze dell’eliminazione dei cookie di terza parte e le implicazioni per gli advertiser

Giovanni Bonanno

Ci avviciniamo alla fine di un anno che, anche sul fronte ad tech, si è rivelato particolarmente ‘disruptive’. Uno dei temi più discussi, e più impattanti sul digital advertising, è stato quello della cookie deprecation, cioè l’eliminazione dei cookie di terza parte, atteso nell’arco dei prossimi due anni.

Il processo, già annunciato da alcuni broswer come Safari e Firefox, punta ad eliminare i cookie di terza parte in quanto ritenuti inefficienti e potenzialmente problematici in relazione ai vigenti regolamenti sulla privacy (GDPR e CCPA). Mentre per i Big Tech il fenomeno sarà limitatamente impattante – poiché dipendono da dati proprietari o deterministici – è invece di fondamentale importanza per i player che operano con tecnologie fondate sull’utilizzo di cookie di terza parte (es. retargeting, attribution modelling, profilazione su base cookie, ecc).

Da più parti giungono richieste per interpretare il nuovo scenario che si aprirà nei prossimi anni e individuare le soluzioni alternative ai cookies. Vediamo quali potrebbero essere le conseguenze di questo fenomeno, in particolare la direzione che alcuni degli attori di settore stanno prendendo e le implicazioni per gli advertiser.

Il processo di deprecation

Già da qualche anno, alcuni browser avevano cominciato a rifiutare i cookie di terza parte: il lancio dell’Intelligent Tracking Prevention di Apple nel 2017 disabilitò già queste tecnologie su Safari - fatto che aveva già abbattuto il costo per impression per erogazioni su questo browser del 60% in open exchange; Firefox si mosse nella stessa direzione nel 2019, inserendo un blocco cookie da default. Ma la vera svolta che rende il futuro cookieless molto più concreto e vicino è stata la comunicazione da parte di Google, all’inizio di quest’anno, di voler dismettere l’utilizzo di cookie di terza parte su Chrome nel giro di un paio di anni. Dato che si tratta del singolo browser con una market share globale del 69%, questo annuncio fu sufficiente a lanciare nel panico alcuni degli addetti ai lavori (il titolo di Criteo, che utilizza cookie per operare, a seguito dell’annuncio chiuse in calo del 15,9%, per poi recuperare).

L'impatto sugli advertiser

Al termine del processo di deprecation, il mondo del digital advertising apparirà diverso da oggi. Le tecnologie saldamente fondate sull’utilizzo di propri cookie (quindi di terza parte per tutti gli altri) non saranno più in grado di operare come prima – pensiamo al retargeting, all’attribution modelling, alla profilazione su base cookie, etc. Detto ciò, è verosimile pensare che queste soluzioni smetteranno di esistere? Probabilmente no, piuttosto il tempo rimasto verrà utilizzato per adattarsi e generare approcci alternativi per poi fare esattamente ciò che si faceva prima ma in maniera più “compliant” con il cambio dei tempi, e chissà, magari anche più efficace. Abbiamo già esempi di tali adattamenti nel lancio di ID di prima parte di Adform, o nella apparente direzione verso l’utilizzo di dati di prima parte che Criteo sta prendendo.

D’altra parte, le soluzioni di web analytics, che tipicamente “girano” su una molteplicità di cookie di prima parte, continueranno a fare il loro lavoro come prima, similmente a tutti quegli attori, lato buying e selling, che dipendono da dati proprietari o contestuali. Anche per i walled gardens la situazione è più rosea grazie ai volumi di segnali deterministici (login principalmente) in loro possesso, che gli permette di tracciare gli utenti loggati, spesso su più device contemporaneamente, e quindi anche di comunicare in maniera in gran parte cookieless. Questa già parziale indipendenza dal cookie, conferisce ai walled gardens un ulteriore vantaggio competitivo sul mercato open. Non a caso, in un recente studio econometrico, John Deighton della Harvard Business School, ha prospettato una perdita di ricavi dell’open web pari a $39 miliardi entro il 2025 in favore dei walled gardens. La pressione è quindi adesso sull’open web per trovare il modo di “adapt and overcome”, per utilizzare un motto degli US Marines, o estinguersi una volta “finiti i cookie”.

L'impatto sui publisher

Se la pressione sugli inserzionisti è già notevole, lato publisher gli effetti della scomparsa del cookie di terza parte saranno altrettanto importanti. In particolar modo i publisher che erogano annunci personalizzati, spesso tramite dati e tecnologie terze, potrebbero essere notevolmente limitati in questa loro capacità, elemento che renderà il loro inventario meno appetibile. Detto ciò, diversi tentativi di quantificare tale impatto hanno dato risultati radicalmente diversi: se uno studio dell’Università del Minnesota proiettò una perdita del 4% nel 2019, una più recente ricerca di Google suggerisce invece una percentuale ben più alta, con una media del 52% attraverso tutti i verticali, e addirittura un 62% nel settore di notizie e informazione. 

SOLUZIONI PROPOSTE DALLA ADVERTISING PRACTICE DI ALKEMY

Ad oggi non abbiamo certezza della soluzione tecnologica che sostituirà i cookie di terza parte, tuttavia alcune delle opzioni esistenti ci sono piuttosto chiare. La configurazione finale sarà probabilmente un aggregato delle diverse opzioni disponibili. Vediamo le principali:

  • ID Persistenti. Esistono già tecnologie che permettono di targetizzare e tracciare utenti tramite ID persistenti cookieless. Pensiamo a device ID e customer reference ID, o a sistemi di fingerprinting, che aggregano diversi segnali per identificare utenti in maniera probabilistica. Tipicamente, in quest’ultimo caso i dati incrociati includono versione del browser, sistema operativo, fuso orario, e molto altro. Molto probabilmente, nei prossimi dodici mesi assisteremo ad una crescita importante di questi tipi di tecnologie, sia lato serving sia sul fronte dell’attribuzione. Proprio l’attribution modelling ha sempre avuto nel cookie il suo principale punto debole, soprattutto per le difficoltà di attribuire in maniera accurata credito di conversione cross-device e su mobile. Tecnologie basate su modelli data driven che operano tramite data point cookieless sono sicuramente uno “space to watch”!
  • Targetizzazione Contestuale. Anche questa è un’opzione già presente e che molti propongono come vero sostituto della targetizzazione via cookie. Essenzialmente si tratta di erogare advertising sulla base del contenuto della pagina sulla quale la comunicazione viene presentata e non quindi su caratteristiche dell’utente che visita la suddetta pagina. I passi avanti compiuti dall’AI negli ultimi anni hanno fatto si che questi modalità divenissero molto più smart e quindi in grado di garantire elevatissima rilevanza. Tutto ciò, associato alla relativa sicurezza nel non dover raccogliere o utilizzare i dati dell’utente, rende questo paradigma particolarmente attraente. Tuttavia, è improbabile che questa rimanga l’unica modalità di erogazione di digital advertising; piuttosto essa continuerà ad essere affiancata da un approccio più user-centric.
  • Web Analytics. Come detto in precedenza, tipicamente i sistemi di web analytics operano in maniera indipendente dal cookie di terza parte. Questo li rende particolarmente attraenti nel mondo post-cookie, sia come parziale soluzione di tracciamento, sia per la creazione di bacini di targetizzazione. Inoltre, il recente lancio di Google Analytics 4, fortemente rafforzato da sistemi avanzati di machine learning, sembra suggerire un possibile interesse di Google nell’espansione del raggio d’azione di questo tipo di tecnologia.
  • Google Sandbox. Altro progetto di Alphabet che elimina la dipendenza dal cookie e invece permetterebbe di continuare a tracciare traffico e conversioni grazie all’incrocio di cinque API. Questa tecnologia abiliterebbe altresì alla targetizzazione per interesse degli utenti sulla base dello storico di navigazione (quindi fonte Chrome, nessun bisogno di cookie qui); e alla creazione di rapporti aggregati su interazioni avvenute su una pluralità di siti, piuttosto che in un’unica sessione.
  • Dati di prima parte. Oltre alle precedenti considerazioni, l’acquisto diretto da publisher in possesso di dati di prima parte sarà sicuramente una delle opzioni più immediatamente disponibili.
Al netto di queste possibili strade, un vero e proprio sforzo collaborativo, e per una soluzione di lungo periodo, viene dallo IAB, che ha lanciato quest’anno il Project Rearc (re-architecture), volto a definire un framework tecnologico per la sostituzione del cookie con un sistema privacy compliant e sicuro, e quindi in grado di divenire il nuovo standard alla base di tracciamento ed erogazione di digital advertising.

COSA POSSONO FARE I BRAND PER PREPARARSI

Per i brand, gli elementi da estrarre e da tenere a mente in questo momento ancora fortemente evolutivo dovrebbero essere:

  • Lavorare alla propria infrastruttura tecnologica per affinare la capacità di raccolta e gestione del dato di prima parte, prezioso in qualunque scenario post-cookie;
  • Orientarsi, nei prossimi 12 mesi, verso soluzioni ad tech cookieless e che privilegiano l’aggregazione di segnali diversificati in una struttura di ID persistenti;
  • Comprendere meglio le caratteristiche dei propri utenti in questa fase di ancora relativa abbondanza di dati per poi utilizzare queste evidenze per comunicare tramite le emergenti tecnologie cookieless;
  • Approggiarsi al supporto della loro agenzia, o media buying team interno, per esplorare la strada più indicata alla loro infrastruttura tecnologia e i loro bisogni di digital media nel medio-lungo periodo.

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