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Valori a più voci

A cura di Sergio Amati, General Manager IAB Italia

Storie di valori per il nuovo mondo digitale

03/08/2020
di Sergio Amati

Costruire sulla Luna

Progettare il futuro è una combinazione di analisi e visione. Partiamo dalla storia di un “architetto spaziale” per cercare di capire come il nostro mondo debba essere ripensato, con la consapevolezza di essere di fronte a una grande opportunità ma anche a dei grandi rischi

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Valentina Sumini è un architetto particolare. Invece che progettare case sulla terra, lo fa perché possano essere costruite e ospitare persone su altri pianeti. Dopo due lauree e un Dottorato di Ricerca al MIT di Boston, Valentina insegnerà “Architecture for Human Space Exploration” al Politecnico di Milano.

Il suo lavoro è progettare ambienti conosciuti (le abitazioni, le città) in un contesto sconosciuto. Per farlo occorre mettere da parte i metodi tradizionali, abbandonare i vecchi modi di pensare.

Bisogna essere analitici e visionari allo stesso tempo. Da una parte pensare a tutti i possibili elementi che andranno ad influire sull’esperienza degli utilizzatori (ergonomia degli spazi e degli oggetti, salute fisica e mentale, sostenibilità, sicurezza) e dall’altra immaginare in modo creativo nuove soluzioni per adattare questi elementi ad un ambiente che si conosce solo per interposta persona o macchina (per la Luna qualche vecchio astronauta e per gli altri pianeti solo satelliti e mini-Rover).

Il team di Valentina dovrà per questo avere persone con competenze ed estrazioni diverse, perché non è ancora chiaro come arrivare ad avere il primo insediamento permanente sulla Luna, e solo attraverso un approccio aperto alla diversità si potrà capirlo.

Arrivare in un mondo nuovo e pensare a come trasformarlo è una sfida complessa. Viverci in modo stabile è ancora più difficile. Nella trilogia “Luna” di Ian McDonald si racconta di un satellite che nel 2110 è stato già ampiamente colonizzato, dove cinque grandi famiglie si contendono il dominio sulle risorse chiave. Gli oggetti sono stati ripensati per questo nuovo contesto: al posto degli smartphone ci sono i “familiari”, delle specie di Avatar personali che seguono le persone e le collegano tra loro, ascensori orbitali uniscono i due pianeti, le abitazioni a causa delle radiazioni sono scavate nella Regolite lunare e chi sta più sotto sta meglio. Ciò che tiene insieme le cose è la consapevolezza di essere in un luogo ostile, e che l'uomo non è fatto per viverci. Ogni errore può essere fatale, tutti lo sanno e, pur combattendo per la supremazia, non arrivano mai al punto di distruzione.

Un altro aspetto importante della storia è che chi rimane sulla Luna per molto tempo non può più tornare sulla Terra. Il corpo si adatta ad una gravità diversa e non è più in grado di reggere la pressione superiore del nostro pianeta. Si crea quindi una doppia società composta da “terrestri” e da “lunari” che però non hanno scambi, chi vive nel nuovo mondo non può tornare al vecchio.

Noi siamo stati catapultati dal COVID in un “Metaverse”, un luogo indefinito tra fisico e digitale dove le regole devono essere ripensate. Abbiamo davanti a noi una distesa solo apparentemente familiare, ricca di opportunità ma anche di minacce. Dobbiamo prima di tutto essere consapevoli che sarà sostanzialmente impossibile tornare indietro. Il “cambio di gravità” è stato troppo forte e non permetterà un facile reverse engineering.

Le persone che nasceranno dentro questo nuovo mondo, come i nativi digitali di oggi, non sapranno come era il “prima” e guarderanno alle nostre abitudini come oggi mio figlio guarda un telefono a rotella. A noi tocca la parte più difficile, cambiare conoscendo bene il passato ma facendo uno sforzo terrificante per cancellarlo.

Non sappiamo però come esattamente sarà questo futuro, e quindi dobbiamo essere aperti, ma non come chi parla oggi di Open Innovation per poter avere un articolo sul giornale. Apertura al nuovo significa soprattutto fare scelte coraggiose. Non guardare al breve ma investire su quello che conta davvero: in primo luogo su un modello di istruzione che aiuti a collegare più che a memorizzare. Le soluzioni esistono e il modello per arrivarci non deve essere deterministico ma basato sulla combinazione di fattori diversi. Come per l’Intelligenza Artificiale, occorre lavorare sulla base dati ma soprattutto sugli algoritmi, che non sono semplici numeri ma procedimenti che combinano numeri. Dobbiamo infine essere consapevoli dei rischi e delle minacce di questo cambiamento.

Un mondo come quello del romanzo di McDonald nasce da una esigenza prettamente economica ed è dominato da poche grandi famiglie che controllano gli elementi chiave per il suo funzionamento (risorse naturali, tecnologie, trasporti, agricoltura). Una sorta di medioevo senza etica, tenuto insieme solo dalla paura. Se non vogliamo diventare pedine nelle mani di pochi grandi gruppi che controllano la nostra vita dobbiamo lottare per mantenere la nostra indipendenza di pensiero, continuare a farci domande e a fare domande. E chi ci governa deve parlare di identità non in modo semplificato e qualunquista ma deve conoscere a fondo le dinamiche del digitale proprio per costruire una identità nuova per il nostro paese, con infrastrutture tecnologiche pubbliche al servizio dei cittadini e delle imprese e politiche di sostegno concrete per la scuola e la formazione.

Il professor Floridi dice che essere “onlife” è una condizione inevitabile e che dovremo sviluppare un approccio che consideri sia la dimensione umana che quella digitale per affrontare con successo le sfide poste dalle tecnologie e dalla società dell’informazione. Una volta metabolizzato questo approccio, potremo costruire come Valentina le nostre case sulla Luna, e farlo sarà un’esperienza entusiasmante. 

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