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25/05/2020
di Programmatic-Italia

Una nuova era per il digital advertising

La scelta di Google di non supportare più i third-party cookies su Chrome metterà in difficoltà la industry della pubblicità online così come la conosciamo oggi. Ma adattarsi in modo intelligente è possibile

Era un rumor ma alla fine è successo. Il 14 gennaio 2020 Google ha annunciato che non supporterà più i third-party cookies su Chrome entro 2 anni, con trials che inizieranno alla fine del 2020. Mentre questo annuncio non è stato una sorpresa per Advertisers e Publisher, la deadline mette tutta la industry sotto pressione per capire le sue implicazione ed adattare ognuno la propria strategia di conseguenza.

Cosa significa per i Brands?

La decisione di Google di interrompere la possibilità di supportare 3rd party cookies cambierà pesantemente il modo in cui gli advertisers possono colpire i loro consumatori su Chrome. Non sarà possibile per i brands avere informazioni dei propri consumatori una volta che abbandonano i loro canali proprietari. La decisione è controversa, in quanto chiaramente avvantaggia Google che funge da giudice pur essendo una parte interessata. Limitando i cookie di terze parti, Google spinge gli inserzionisti verso il suo Walled Garden poiché gli inserzionisti non saranno più in grado di tracciare impressions a livello granulare al di fuori di Google. La grande domanda, tuttavia, rimane senza risposta: se dovessi mettermi nei panni di un CMO, quali decisioni dovrei prendere per essere pronto per la realtà di domani?
  • Costruire un data-driven marketing team e creare in casa un'architettura di gestione dei dati interna per sfruttare i dati di prima parte.
  • Pianificare uno shift degli investimenti su canali privi di cookie. L’opzione più ovvia sarebbe il contextual ma Audio, Connected TV o Digital Out-of-Home diventeranno opportunità in crescita.
  • Comprendere i Walled Gardens meglio di chiunque altro. Google ADH (Ads Data Hub) e le versioni future di ADH di Facebook e Amazon rappresenteranno un'opportunità unica per beneficiare dei dati di "log level".

L’impatto per gli Editori

Le conseguenze per gli editori sono ovvie e ci si aspetta che siano enormi. Secondo un rapporto di Google Research, le entrate basate sulle impressions potrebbero diminuire del 52% senza cookie di terze parti, con gli editori di News in particolare che vedono un calo delle entrate del 62%. Esistono già dati disponibili sull'impatto che la restrizione del browser Safari ha avuto nel traffico specifico di Safari. In media, i publisher hanno subito un calo del 38% nel tasso di offerta, del 45% nelle entrate e del 23% nei CPM. Sembra coerente con il rapporto di Google e non è incoraggiante vista la scala di Chrome. Cercare di comprendere l'impatto di questi cambiamenti mentre si presume che tutte le altre variabili rimarranno le stesse è fondamentalmente sbagliato. Le domande giuste da porre sono: in primo luogo perché siamo arrivati qui? Qual è il lato positivo di questo nuovo regolamento? Cosa dovrebbero fare editori e brand per potersi adattare alla nuova era senza subire perdite importanti?

Opportunità nella nuova era

I cookie di terze parti presentavano molte inefficienze per gli editori (tempi di caricamento lenti e mancanza di controllo dei propri dati) e per gli inserzionisti (corrispondenza dei cookie tra piattaforme diverse e mancanza di standard di qualità dei dati). Inoltre, è difficile contestare che questi problemi fossero strettamente collegati a una mancanza di trasparenza. A mio avviso, un altro problema discusso meno frequentemente promosso da cookie di terze parti è la mercificazione della pubblicità. La dipendenza dai cookie ha fatto sì che molti marketer si concentrassero sulle loro capacità di targeting come la creazione di segmenti, la discussione di modelli di attribuzione discutibili e l'adozione di unità pubblicitarie standard, ma troppo spesso hanno dimenticato ciò che è al centro della pubblicità: creare emozioni positive in chiunque interagisca con il brand. Un mondo pubblicitario in cui la “addressability” diventa una sfida spingerà gli esperti di marketing a pensare in modo diverso e testare nuove strategie per inviare i loro messaggi ai clienti. La mia previsione è che la creatività sarà al centro di queste nuove strategie. Vedremo meno annunci banner standard 728 x 90 con un messaggio personalizzato per te e annunci dal design accattivante, fortemente integrati nel contenuto e mirati in base a informazioni facilmente accessibili come dispositivo, posizione e, soprattutto, il tipo di contenuto che sei attualmente consumando. La capacità di comprendere i contenuti sarà quindi fondamentale per i brand e diventerà l’occasione migliore per le aziende di tecnologia pubblicitaria.  Machine Learning e modelli avanzati di elaborazione del linguaggio naturale forniranno ai brand lo strumento più potente per amplificare i loro messaggi su larga scala. Gli editori devono imparare a raccogliere e utilizzare i dati di prima parte, spingendo le iniziative per avere utenti registrati nelle loro properties. Poichè questo è più facile a dirsi che a farsi, dovranno integrare questa strategia collaborando con aziende Adtech all’avanguardia in grado di fornire le conoscenze necessarie per monetizzare al meglio i propri contenuti in modo equo. Se tutti questi cambiamenti saranno destinati al bene del settore e al miglioramento dell’efficacia degli annunci rimane un mistero. L’asta non è molto alta considerando le metriche attuali: 50% degli annunci non visti, 39% non ricordati, 7% ricordato ma in  modo negativo e solo il 4% ha un impatto positivo (David Trott, Campaign). E’ nelle nostre mani cambiare queste statistiche adattandoci a questa nuova era in modo intelligente, e potremmo davvero finire in un bellissimo paradosso: aumentare l’efficienza pubblicitaria con delle restrizioni nell’individuare una persona specifica sul web risolvendo alcuni problemi fondamentali originariamente causati proprio dall’affidarsi hypertargeting. Speriamo per il meglio!

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