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18/01/2022
di Marco Donati

Google accusata negli Stati Uniti di aver ingannato editori e inserzionisti

Secondo la causa intentata da un gruppo di procuratori, la compagnia di Alphabet avrebbe manipolato le aste pubblicitarie per espandere la sua posizione nel mercato

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Un gruppo di procuratori generali degli Stati Uniti ha accusato formalmente Google di aver ingannato per anni editori e inserzionisti sui prezzi e sui processi delle sue aste pubblicitarie.

La compagnia avrebbe creato programmi segreti che riducevano le vendite per alcune società e aumentavano i prezzi per gli investitori pubblicitari. Nel frattempo, Google avrebbe intascato la differenza tra i costi degli spazi dichiarati a editori e inserzionisti utilizzando quel denaro per manipolare le aste future espandendo così il suo monopolio. I documenti della causa citano corrispondenza interna tra i dipendenti di Google in cui si diceva che alcune di queste pratiche avrebbero fatto crescere il business attraverso "informazioni privilegiate".

La causa era stata intentata per la prima volta nel dicembre 2020, attraverso un documento che in principio conteneva diversi omissis. Con il tempo, in seguito a diverse sentenze, le censure sono state eliminate, fornendo ora nuovi dettagli sulla tesi mossa dai procuratori, secondo cui Google gestisce un monopolio che ha danneggiato i concorrenti e gli editori del settore pubblicitario.

Google ha dichiarato di voler presentare una mozione per respingere l'accusa la prossima settimana. Un portavoce ha affermato che la causa era "piena di inesattezze e priva di merito legale", aggiungendo che “le nostre tecnologie pubblicitarie aiutano i siti web e le app a finanziare i loro contenuti e consentono alle piccole imprese di raggiungere clienti in tutto il mondo. C'è una forte concorrenza nella pubblicità online".

Oltre a dettagliare alcuni dei programmi di Google, la nuova denuncia afferma che l'amministratore delegato di Google e Alphabet, Sundar Pichai, e l'amministratore delegato di Meta Platforms Inc., Mark Zuckerberg, firmarono nel 2018 accordo commerciale che avrebbe garantito che la sussidiaria Facebook avrebbe fatto un'offerta per poi vincere una percentuale fissa delle aste pubblicitarie. In precedenza, era stato riferito che l'accordo fosse stato siglato da Philipp Schindler, Chief Business Officer di Google, e Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook.

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