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09/05/2014
di Lorenzo Mosciatti

Publicis e Omnicom dicono
addio al progetto di fusione

Si chiude con una fumata nera l'operazione che doveva dar vita al primo gruppo pubblicitario globale. Tra le cause dello stop, le difficoltà con l'antitrust in Cina e le divergenze tra le due società su assetti e management

Omnicom Group Inc. e Publicis Groupe hanno deciso di abbandonare il progetto di fusione in quello che sarebbe diventato il primo gruppo pubblicitario mondiale con il nome di Publicis Omnicom Group. La fusione, annunciata con molto clamore lo scorso luglio e destinata originariamente ad essere chiusa entro la fine del 2013, e’ stata ostacolata da diversi problemi, a partire dalle difficoltà nell’ottenere le necessarie autorizzazioni normative per arrivare ad alcune tecnicalità come la sede della quotazione. “Le sfide che ancora restavano da superare, oltre alla lentezza dei progressi, hanno creato un livello di incertezza pregiudizievole per gli interessi di entrambi i gruppi, i loro dipendenti, i clienti e gli azionisti”, hanno sottolineato le due aziende in una nota congiunta. L’operazione, del valore del 35 miliardi di dollari, avrebbe creato la prima azienda al mondo nel settore pubblicitario in termini di fatturato. Le due società avevano messo in chiaro che la fusione sarebbe stata alla pari con gli azionisti attuali dei due gruppi che avrebbero quindi ricevuto il 50% a testa della nuova società e i due amministratori delegati che avrebbero condiviso lo stesso ruolo identico per almeno 30 mesi dal perfezionamento. Ciononostante, da un punto di vista tecnico, in particolare contabile, una società deve acquisire l’altra per procedere con la fusione. Tale tecnicismo ha rappresentato un fattore di divergenza nelle trattative tra i vertici delle due aziende al pari dei ritardi nell’ottenere le autorizzazioni antitrust, soprattutto in Cina. Nel frattempo i rapporti tra i vertici, principalmente tra i due amministratore delegati, John Wren di Omnicom e Maurice Lévy di Publicis, si sarebbero deteriorati arrivando a scontri su questioni di una certa rilevanza come la localizzazione della sede e i nuovi incarichi dirigenziali, a partire dal ruolo di direttore finanziario. Le parti si sono alla fine rese conto dei troppi ostacoli da superare e dell’eccessiva lentezza e, nell’interesse della clientela, hanno deciso di porre fine all’accordo di fusione.

 

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