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20/04/2021
di Lorenzo Mosciatti

Dentro la nuova The Story Lab, l’agenzia dove l’advertising incontra l’entertainment

Branded content, creatività e influencer marketing al centro dell’offerta della full creative advertainment agency di dentsu. Spotify, Intel, Kraft Heinz e Benetton tra i nuovi clienti. Ce ne parla il Ceo Stefano Pagani

Stefano Pagani, ceo di The Story Lab

Stefano Pagani, ceo di The Story Lab

Dentsu ha presentato di recente al mercato la nuova The Story Lab, frutto dell’unione di due realtà già attive nel gruppo in Italia. Da una parte la squadra di 60 persone già parte di The Story Lab Italia, collegata a un network presente in 23 paesi, con specializzazioni nel mondo dell’influencer marketing e nella produzione di format di branded entertainment. Dall’altro lato uno spin-off di The Big Now/mcgarrybowen, costituito dal team più “digitale” dell’agenzia composto da circa 60 persone. A guidare la nuova realtà nel ruolo di Ceo è stato chiamato Stefano Pagani, uno dei fondatori di The Big Now. Proprio a Stefano Pagani Engage ha ora chiesto di spiegare come si articola l’offerta della nuova The Story Lab, quali servizi offre al mercato e come si integra all’interno della galassia delle agenzie di dentsu.   

Qual è la genesi del nuovo progetto di The Story Lab? 

Il piano del gruppo dentsu, che storicamente aveva una connotazione quasi interamente media in Italia, era quello di rafforzare ampiamente l’ambito creativo, che aveva forti margini di crescita rispetto ai suoi competitor, invece già più bilanciati tra media e creatività. L’acquisizione di The Big Now del 2018 è stata quindi solo il punto di partenza di un progetto ambizioso, visionario e di lungo periodo del top management del gruppo. Dentsu, dopo 3 anni di assestamento e integrazione, ha chiesto a noi soci fondatori di The Big Now di ampliare esponenzialmente l’offerta creativa del gruppo, da un lato valorizzando le nostre personali specificità imprenditoriali, dall’altro avvalendoci dei diversi network creativi internazionali della holding. Ed è così che, guardando oltre ai confini di The Big Now, ho scoperto The Story Lab: un network molto cool che sembrava muoversi solidamente in una direzione molto innovativa, un network dunque di cui oggi le aziende italiane hanno forte bisogno.

Ci racconti di più sul posizionamento di The Story Lab?

A livello global The Story Lab è un network presente in 23 paesi con un modello di business molto ampio: investe, produce e distribuisce contenuti di premium brand entertainment, essendo inoltre proprietaria dei diritti di oltre 20 format televisivi. Grazie all’apertura di studios proprietari in Europa e negli Stati Uniti, con un focus su video e podcast, The Story Lab è attiva nella produzione end to end di contenuti, un'attività che affianca allo sviluppo di progetti speciali di branded content capaci di mettere insieme, on e offline, creatività, crafting, broadcaster e media. Un esempio in tal senso: in Spagna lo scorso anno The Story Lab ha creato e co-prodotto con Spotify X-Rey, che si è rivelato uno dei podcast di maggior successo del paese. In ultimo, l’acquisizione di talent house in diversi paesi ha consentito a The Story Lab di rappresentare sul mercato i principali talent internazionali tramite accordi esclusivi di rilievo. La The Story Lab italiana, prima del mio ingresso, contava già circa sessanta persone che, oltre ad occuparsi di sviluppare localmente il business di talent house, avevano forti skill nel content performance e nell’influencer marketing. Con numeri molto importanti: l’anno scorso The Story Lab in Italia ha gestito diversi milioni di euro solo di influencer fee. Con volumi di questa entità è possibile proporre al mercato condizioni di acquisto estremamente convenienti e una competenza verticale davvero unica nel suo genere.

Branded content, podcast, influencer marketing. In effetti suonano tutte come keyword molto gettonate oggi.

C’è effettivamente una grande opportunità. In The Big Now ci occupavamo già di queste cose, ma con una potenza di fuoco completamente diversa. Io rappresentavo l’anima più digitale dell’agenzia e guidavo una unit di circa 60 persone con un focus principale su creatività, strategia, content e social media. L’idea di aggiungere alla nostra offerta anche tutta l’expertise, il network e i muscoli di The Story Lab ci avrebbe consentito di presentarci molto più forti sul mercato, con una grande ampiezza di servizi e una maggior verticalità su molti ambiti in cui non si può improvvisare. Con in più un network specializzato alle spalle in cui l’expertise in ambito branded entertainment ci permette di presentare al mercato una proposizione assolutamente unica per un’agenzia creativa. E quindi eccoci qua.

Che agenzia è quindi la nuova The Story Lab? 

In pratica abbiamo messo insieme le forze per creare una nuova struttura, con oltre 65 clienti all’attivo e 120 dipendenti provenienti dalle due realtà. La definizione che abbiamo deciso è quella di full creative advertainment agency. Nella nostra visione esiste oggi uno spazio nel mercato per una nuova forma di comunicazione rappresentata dal cosidetto advertainment, un neologismo che coniuga la componente più tradizionale e creativa della comunicazione - advertising - con quella dell’entertainment, costituito dall’esperienza nell’ambito della capacità autoriale di generare progetti capaci di intrattenere, di essere quindi essi stessi un contenuto che la gente sceglie di voler guardare e diffondere, e non la classica interruzione pubblicitaria. Non a caso il nostro manifesto si basa sulla tag-line “Make Them Talk”.

Che cosa intendete con “Make Them Talk”?

Nella nostra visione i progetti oggi devono essere capaci di intercettare e “surfare” quelle che noi chiamiamo cultural wave, che rappresentano i trend topic sociali e culturali di cui le persone sono più propense a parlare tra di loro. Le marche devono creare delle proprie storie che da un lato le rappresentino in termini di branding, dall’altro siano in grado di legarsi a quelle onde culturali, per fare in modo che le persone ne parlino spontaneamente, andando così ad amplificare la portata della comunicazione. 

La nuova The Story Lab si presenta al mercato con un portfolio di clienti già molto ricco. Come si è aperto il 2021 sul fronte del new business? 

In questi primi mesi dell’anno abbiamo all’attivo diverse acquisizioni tra nuovi clienti e nuovi progetti entrati: nel mondo pharma, settore nel quale abbiamo una forte expertise verticale, abbiamo vinto due gare digital per Angelini e una per Sanofi Genzyme. Cambiando industry, Spotify ci ha recentemente rinnovato la sua fiducia per le sue prossime campagne creative. È una conferma molto prestigiosa perché ci consente di realizzare progetti con ampia visibilità creativa anche in ambito internazionale. Per quanto riguarda l’influencer marketing, abbiamo quindi vinto una gara di Veet (Reckitt Benckiser) e acquisito anche come clienti Intel e Kraft Heinz. Con Benetton abbiamo invece recentemente sviluppato il progetto #BeUnited interamente su TikTok.

L’appartenenza al gruppo Dentsu vi ha agevolato in questo percorso?

Sicuramente sì. Il nostro obiettivo, nel gruppo, non è soltanto quello di attivare sinergie commerciali tra le diverse agenzie media e creative (cosa che avviene quotidianamente), ma soprattutto quello di creare un’offerta integrata di cui i clienti hanno sempre più bisogno: un solo team, una sola governance, e poi specialisti media e creativi che sanno performare al massimo ognuno nella propria area di specializzazione, dialogando, comprendendosi e migliorandosi a vicenda grazie alla condivisione di conoscenza reciproca. In questo modo si accorcia la filiera, si costruisce valore nel tempo, si riduce il tempo di gestione dell’agenzia da parte del cliente e, soprattutto, si ottengono risultati eccellenti in ogni singola attività.

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