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25/11/2022
di Gianpaolo Vincenzi, Country Manager di Tradedoubler Italia

Il Digital Adv e il Digital Marketing nostrani soffrono veramente?

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Nella sezione "opinioni", Engage ospita articoli di approfondimento sui temi caldi della pubblicità online scritti da importanti esponenti dell'industria dell'advertising. In questo contributo Gianpaolo Vincenzi, Country Manager di Tradedoubler Italia, approfondisce il tema dello stato del Digital Adv e del Digital Marketing in Italia.


Gli investimenti digitali soffrono ma il Performance Marketing è in piena salute 

I risultati del terzo trimestre fiscale di Alphabet, il gruppo di Google e YouTube, non hanno soddisfatto le aspettative degli analisti. In particolare, il fatturato del search advertising è salito (solo) del 4%, sfiorando i 39,5 miliardi di dollari. Mentre gli analisti si aspettavano di raggiungere i 41 miliardi di dollari. YouTube, invece, è passato da 7,21 miliardi a 7,07 miliardi, con una riduzione del fatturato del 2%. Ciò ha significato per Alphabet la crescita di fatturato più bassa dal 2013. 

La riduzione delle performance del search advertising, in cui Alphabet evidentemente è leader assoluto, non deve preoccupare, ma riflettere forse sì. 

Se, poi ci riferiamo a casa nostra, scopriamo che, secondo i dati dell’Osservatorio Fcp-Assointernet, rilevati dalla società Reply, l’adv digital ha registrato nei primi nove mesi dell’anno un -3,8%, con il singolo mese di settembre che si attesta al -9,7%. Anche in questo caso non c’è da allarmarsi, va infatti sottolineato che nel periodo gennaio-settembre 2022, l’andamento dei fatturati è in crescita del +10,6% rispetto a quello relativo al periodo omologo del 2019.  

I brand ripensano le strategie di investimento digital 

Il match tra i due dati porta necessariamente a una verifica dei trend di investimento digitale dei brand. Ed è ipotizzabile che nel 2023, di fronte alle innumerevoli opportunità disponibili e, soprattutto, alla luce della difficile congiuntura economica, i brand stiano ripensando le direzioni di allocazione dei budget marketing e advertising

Analizzando l’ultima trimestrale di Tradedoubler, il Performance Marketing, altresì noto come Affiliate Marketing e a volte Influencer Marketing, sembra oggi essere lo sbocco più promettente per i brand. I dati di fatturato del terzo trimestre 2022 di Tradedoubler Global - leader nel Performance Marketing e quotata alla Borsa di Stoccolma - parlano di un 23% di crescita delle revenue (35 milioni e 400mila euro circa), un utile lordo in crescita del 20% (7 milioni e 300mila euro), un EBITDA di 18 milioni di Corone Svedesi (1 milione e 700mila euro) e un cash flow di circa 820mila euro.

I dati di Tradedoubler Italia sono altrettanto positivi, addirittura leggermente superiori la corporate. Secondo questi risultati, dunque, il segmento di mercato del Performance Marketing si dimostra decisamente in controtendenza rispetto ai dati globali. Valori positivi e in crescita costante, confermati da diverse analisi indipendenti, tra cui il report globale della società di analisi SaaS Scout. 

Il Performance Marketing cresce costantemente del 10% 

Secondo le rilevazioni di SaaS Scout, nel 2021 il marketing di affiliazione ha rappresentato il 15% del totale del fatturato in digital media advertising, per un valore complessivo di 12 miliardi di dollari. Inoltre, attraverso i programmi di affiliazione gli shop online generano tra il 15 e il 30% del fatturato complessivo. In particolare, il mercato retail contribuisce per il 43% sul totale, seguito da Telecom e Media, Viaggi e Tempo Libero.  

E, soprattutto, ci si aspetta che nei prossimi anni il volume complessivo del comparto Performance Marketing cresca a una media costante del 10%

In definitiva, Tradedoubler si muove da più di vent’anni in un comparto che, oggi più che mai, sta mantenendo le promesse. I brand credono sempre di più in un modello a performance, in cui il ROI è garantito a priori. Attraverso i network di affiliazione, i brand sanno di amplificare nel modo migliore la loro offerta, aggredendo le nicchie giuste e con il tone of voice di un intermediario, il Publisher nelle sue diverse accezioni, di cui il consumatore si fida.  

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