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di Simone Freddi

3 (H3G) pronta a lanciare il suo filtro anti-pubblicità

H3G si appresta a diventare la prima Telco a bloccare la pubblicità su smartphone e tablet in Europa e Italia. Tra gli obiettivi, scaricare sugli inserzionisti il costo del traffico dati necessario a erogare gli annunci. Critica IAB Italia: «Senza adv, il 40% degli utenti non avrebbe accesso alla rete»

H3G si appresta a diventare il primo grande operatore di telecomunicazioni a bloccare la pubblicità su smartphone e tablet in Europa e Italia. La compagnia, dopo avere siglato accordo con Shine Technologies, società specializzata nello sviluppo di filtri anti-pubblicità, ha infatti annunciato il prossimo rilascio di un proprio sistema di ad blocking, iniziando da Italia e Gran Bretagna e estendendola poi agli mercati europei della Telco: Austria, Danimarca, Irlanda e Svezia. Secondo quanto risulta a Engage, il rilascio al pubblico potrebbe avvenire nella seconda parte del 2016. La collaborazione con Shine, fa sapere 3 in una nota, "non ha l’obiettivo di eliminare la pubblicità, che è spesso interessante e porta benefici ai clienti, ma di dare agli utilizzatori la possibilità di scegliere se e quando ricevere pubblicità sul proprio dispositivo mobile". L'iniziativa, spiega la compagnia, punta principalmente a tre principali obiettivi: Il primo è che gli utenti non paghino il traffico dati utilizzato per scaricare pubblicità: questi costi, secondo H3G, dovrebbero essere sostenuti dagli inserzionisti. Il secondo riguarda la protezione della privacy degli utenti, evitando che gli inserzionisti possano usare gli annunci mobile per raccogliere informazioni sui consumatori senza la loro conoscenza e consenso. 3 si propone, infine, di consentire agli utenti di ricevere pubblicità in linea con i loro gusti e interessi, senza che la loro esperienza di navigazione su mobile sia deteriorata da un’eccessiva esposizione ad annunci fastidiosi e irrilevanti.

Ad Blocker: li usa il 12% degli italiani

Sviluppatosi dapprima su desktop, l’uso dei filtri anti pubblicità ha iniziato più recentemente a diffondersi anche su mobile. Secondo comScore, attualmente il 12% degli utenti internet italiani usa un Ad Blocker mentre naviga in rete, mentre sono state Adobe e PageFair che per prime, lo scorso agosto, hanno provato a calcolare i mancati ricavi pubblicitari a livello globale causati dalla riduzione delle pubblicità effettivamente erogate online dovuta all’ad blocking, con un risultato allarmante: 21,8 miliardi di dollari. Il filtro sviluppato da Tre, che gli utenti saranno liberi di attivare o disattivare in qualsiasi momento durante la navigazione, potrebbe essere ancora più efficace rispetto alle più comuni app di ad blocking come Adblock e Adblock Plus. "Rispetto ai servizi basati su App, il servizio di ad-blocking integrato nelle reti mobili rappresenta una soluzione più efficiente per i clienti, poiché riesce ad intervenire su un numero maggiore di banner pubblicitari senza alterare l’esperienza e la velocità di navigazione", dice Tre in una nota. Il filtro potrebbe non limitarsi ai soli banner e video ads: l’ad blocker sviluppato da Tre e Shine, stando a quanto ci risulta, sarebbe infatti in grado di impedire l'erogazione anche delle principali forme di native advertising.

Michele Marzan, IAB Italia: «Senza pubblicità, il 40% degli utenti internet non avrebbe accesso alla rete»

L'iniziativa di 3, che in Italia ha circa 10 milioni di clienti, riceve da subito il commento critico di Michele Marzan, vice presidente di IAB Italia, l’associazione che raggruppa gli operatori del mercato pubblicitario online. «Come ha giustamente osservato poche settimane fa il Ceo di IAB US Randall Rothenberg, durante lo IAB Annual Leadership Meeting, l’ad blocking impoverisce la rete, in quanto limita la diversità e la libertà di espressione», commenta Marzan, contattato da Engage. «E’ inoltre chiaro – avverte il vice presidente di IAB Italia - che l’advertising gioca un ruolo critico nel provvedere ai fondi per un internet libero e di alta qualità; viceversa tutti noi dovremmo pagare tutti i giorni per contenuti e servizi, di cui oggi beneficiamo gratuitamente. Sempre in sede internazionale si è spesso detto che senza l’advertising online il 40% degli utenti internet non avrebbe accesso alla rete». «E’ in ogni modo apprezzabile», osserva Marzan, «che il fenomeno Adblocker abbia posto in modo concreto una discussione su una pubblicità online di qualità, in quanto gli utenti effettivamente dicono che non gradiscono il rallentamento dei siti, pubblicità fastidiosa, troppi annunci e dimostrano forte attenzione alla privacy. Ma a livello superiore – continua il manager - non dobbiamo dimenticarci che l’advertising online ha una storia più breve di altri mezzi, ed è normale che si debba adattare alle preferenze degli utenti i quali devono per altro sviluppare maggior confidenza. E’ un percorso che bisogna agevolare e non ostacolare: da una parte chi fa advertising deve andare nella direzione dell’utente e dall’altra l’utente deve sì reagire ma anche accettare il buon advertising». «Un ostacolo forte a priori, come quello indicato da 3» afferma Marzan, «non aiuta ed aggrava ulteriormente la posizione già delicata degli investitori pubblicitari che lottano continuamente per trovare il giusto bilanciamento fra investimenti e ritorni sugli stessi; allo stesso modo è pericoloso per l’utente finale, che di fatto dovrebbe disporre di banda di connessione più veloce e presente ovunque grazie al lavoro degli operatori di rete».

«Effettivamente, si pongono limiti eccessivi che possono ledere la libertà di espressione stessa della rete nonché l’accesso alla stessa», conclude il vice presidente di IAB Italia.

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