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20/12/2018
di Simone Freddi

Web tax, la Fieg lancia l'allarme: «Colpirà anche gli editori italiani». Ecco perché

Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg, è critico sulla imposta sui servizi digitali messa a punto dal Governo: «a rischio investimenti e occupazione»

Sconcerto e stupore per la nuova imposta sui servizi digitali proposta dal Governo. Una imposta che colpisce i ricavi anche delle aziende italiane del settore già soggette al prelievo ordinario, con una nuova tassa che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese": è il commento di Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg, sulla web tax messa a punto dal Governo nella legge di Bilancio. Nonostante l'intento dichiarato sia quello di colpire i ricavi delle multinazionali del web che, come ha affermato tra l’altro il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, «grazie alle regole sfuggono alle transazioni nazionali per andare verso i paradisi fiscali», la nuova imposta, così come è stata formulata all’interno del maxi emendamento alla Finanziaria, potrebbe finire per colpire diversi editori nazionali, secondo la Fieg. Il motivo risiede nella formulazione del provvedimento, che non distingue tra imprese nazionali e straniere, ma prevede che a pagare l’imposta siano “i soggetti esercenti attività d’impresa che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare, realizzano congiuntamente: a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750.000.000 euro; b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali (…) realizzati sul territorio dello Stato non inferiore a 5.500.000 euro”. Il nodo della questione è la dicitura “di gruppo”: in questo modo, nel perimetro applicativo della norma potrebbero rientrare non solo media company italiane che operano anche all’estero come RCS (895,8 milioni di Euro di fatturato consolidato nel 2017), o Mondadori (1,26 miliardi di euro nel 2017) ma anche editori che non raggiungono la soglia dei 750 milioni di ricavi come Gedi (633 milioni nel 2017), qualora i ricavi considerati siano quella della controllante Cir (2,8 miliardi, sempre lo scorso anno). Di qui l’allarme della Fieg, che intende sensibilizzare il Governo sulla questione: "La web tax - osserva il presidente della Federazione degli editori - dovrebbe essere uno strumento per il riequilibrio della concorrenza dei diversi operatori nel mercato digitale e per far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia, ma non può costituire un alibi per una forma generalizzata di nuova tassazione sulle imprese italiane del settore con il rischio di riduzione degli investimenti e della occupazione".

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