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02/10/2019
di Cosimo Vestito

The Most Influential Brands, la corporate social responsability al centro dell'edizione 2019

Dallo studio di Ipsos, una riflessione su come le aziende possano costruire la propria influenza grazie all’azione e alla narrazione degli scopi etici e sociali del proprio marchio

L'ultima edizione di "The Most Influential Brands" (MIB 2019) di Ipsos, lo studio che attraverso le opinioni di 4.550 italiani offre un affresco su quali siano i brand in grado di influenzare maggiormente la nostra vita quotidiana, è stata dedicata alla responsabilità sociale d'impresa, ovvero a tutte le iniziative promosse dalle aziende per perseguire obiettivi etici. «È arrivato il momento di parlare di corporate social responsability. I cittadini e i consumatori se lo aspettano. Perché se è vero che da una parte si è registrata una perdita di fiducia nella politica e nelle istituzioni, dall'altra le aziende e le marche sono chiamate ad assumersi nuove responsabilità e devono farsi avanti, dando il loro contributo alla collettività e aiutando a migliorare la società in cui operano», ha dichiarato in apertura Nicola Neri, Chief Executive Officer di Ipsos Italia, a margine dell'evento "C’era una volta la CSR? Perché oggi le aziende sono chiamate all’attivismo", tenutosi a Base Milano. Il MIB 2019 si avvalso dell'esperienza e competenza di Paolo Iabichino, una delle figure più autorevoli nel panorama della comunicazione e della brand strategy a livello internazionale con cui Ipsos ha intrapreso una collaborazione continuativa al fine di offrire ai marchi una consulenza strategica a 360°. Trustworthy (fiducia, affidabilità), Engagement (coinvolgimento), Leading Edge (innovazione, capacità di far tendenza), Corporate Citizenship (impegno e ruolo sociale), Presence (presenza): sono questi i cinque fattori presi in esame da Ipsos per determinare l’influenza di una marca. Anche nel ranking MIB 2019 i fattori che più pesano nel far sì che un brand venga considerato influente dai consumatori sono la capacità dell’azienda di saper coinvolgere (30%), la sua propensione all’innovazione (27%) e la fiducia e il senso di affidabilità delle persone rispetto al brand (26%). Non stupisce quindi che nella top ten siano presenti ancora una volta tutti i big dell'economia digitale e della tecnologia. Google, Amazon e WhatsApp occupano infatti il podio della classifica. Se i risultati non sorprendono, perché specchio fedele della società contemporanea in cui viviamo, dove l’innovazione e la tecnologia dominano, non si può non cogliere dall’opinione pubblica e dalla società in generale un forte vento di cambiamento. Si inizia a chiedere alla politica, alle istituzioni, ai decison maker e, quindi, in primis, anche alle aziende, un’assunzione di responsabilità rispetto a tematiche universali, quali ad esempio l’ambiente, i diritti umani e l'eguaglianza di genere. Se dallo studio di Ipsos emerge come il fattore Corporate Citizenship pesi ancora solo mediamente il 12% nel determinare l’influenza sulla marca, interessante è notare come il 68% degli intervistati ritenga che in futuro le marche più di successo saranno quelle che contribuiranno in modo positivo alla società. Aumenta il desiderio delle persone di ritrovare nelle scelte e nelle strategie dell’azienda i valori universali con i quali immedesimarsi. Un cambiamento radicale di prospettiva, questo, che vede al centro i brand ai quali viene chiesto un impegno sociale crescente. Ben il 60% degli italiani afferma infatti di sentire il bisogno di aziende che svolgano un ruolo attivo in ambito sociale, culturale e politico. Ai brand si chiede di prendere posizione senza temere le conseguenze: lo pensa il 62% degli intervistati d’accordo nell’affermare che se un'azienda sceglie di prendere una posizione forte su un tema sociale o politico non deve temere di perdere consenso o parte della clientela. Anzi, il 79% crede che sia possibile per una marca sostenere una buona causa e guadagnare allo stesso tempo. «Per le marche è arrivato il tempo di agire. È il momento che si assumano la responsabilità di essere a tutti gli effetti attori e interlocutori sociali, culturali e politici. Emerge l’opportunità, la legittimazione e in un certo senso il dovere, di esporsi, di prendere posizione, di raccontare il proprio credo e i loro valori e di agire concretamente per lo sviluppo culturale e sociale della comunità», spiega Andrea Fagnoni, Chief Client Officer Ipsos. Oggi c’è la necessità e l’occasione di raccontare al grande pubblico in cosa si manifesta l’impegno di una azienda o una marca, dato che il perimetro della responsabilità sociale si è allargato, integrandosi nel contesto, sviluppando cultura, prendendosi cura della comunità e diventando dunque oggetto di comunicazione. «Le aziende e i brand affiancano o sostituiscono istituzioni più canoniche assumendo dunque un ruolo economico, sociale e politico a volte centrale», ha aggiunto Neri, «E questo apre nuovi scenari di confronto e di dialogo con i consumatori, ma più in generale con la società, che in un certo senso oggi si “aspetta” questo genere di coinvolgimento e partecipazione da parte delle marche che ci accompagnano quotidianamente: agire per far cambiare le cose in un determinato ambito, essere parte attiva e proattiva del cambiamento». Per capire se le aziende in Italia siano pronte ad adeguare o cambiare il proprio modello di business con l’intento di avere un impatto concreto sulla società, nell’edizione 2019 di MIB, Ipsos ha deciso di rivolgersi anche direttamente ai marchi per avere il loro punto di vista. Sono infatti intervenuti sul palco del Base Carlo Mangini, Chief Commercial Officer di Parmigiano Reggiano, Katia Pantaleo, Marketing Manager di Ichnusa, e Nico Colonna, Presidente del Gruppo Gut-Smemoranda, che hanno raccontato al pubblico tutte le attività e le iniziative di responsabilità sociale intraprese dalla rispettive aziende. In generale, la quasi totalità delle aziende dichiara di aver già sviluppato o sta pensando di sviluppare iniziative di responsabilità sociale e brand purpose (91%). Gli scopi a cui prevalentemente le aziende si dedicano riguardano molto spesso temi universali come la sostenibilità dei processi produttivi ed ecologia (75%), il sostegno ad associazioni no profit ed istituzioni (51%) o la salute e ricerca scientifica (38%). Meno affrontati sono invece gli argomenti su cui la società rischia di dividersi come le pari opportunità e i diritti umani (34%). «Dalla nostra ricerca ci siamo resi conto che a fronte di un ricchissimo patrimonio di iniziative in cui le aziende italiane sono protagoniste, ancora poche sono state tradotte in effettive campagne di comunicazione, circa il 10%. Si tratta quindi di un patrimonio inespresso. Ci sono sicuramente diverse motivazioni alla base di questa evidenza, ma ci siamo domandati se non ci sia anche una certa timidezza legata all’inesperienza, o per lo meno un po’ di confusione su cosa significhi il Brand Purpose», commenta Francesca Nardin, Responsabile del team Creative Excellence Ipsos. Paolo Iabichino, partner dell’evento, commenta: «Quello che stiamo attraversando è un momento epocale per la comunicazione di marca. Possiamo finalmente fare in modo che le nostre idee generino cambiamento e che le strategie di brand si occupino anche della vita delle persone. È un modo per rendere più virtuoso il nostro mestiere, rivolgendoci alla collettività e non a singoli gruppi pubblico di riferimento».

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