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DigitalChina

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09/08/2016

Uber, il fallimento in Cina e 5 lezioni per le aziende

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Uber molla il colpo in Cina e si fa acquisire da Didi, il competitor locale. E’ la notizia del momento. Che cosa possiamo però imparare da questa “sconfitta”? Quali lezioni possono imparare le aziende che vogliono entrare in questo mercato? Soprattutto: in che cosa Uber ha sbagliato? In realtà non molto. Entrare in Cina è dura e temo di averlo scritto anche troppe volte in tutti i post precedenti. Però possiamo imparare qualcosa. Vediamo che cosa.

 1. Il mercato cinese va penetrato velocemente. Molto velocemente.

Uber è stata fondata nel 2009 ma ha aspettato il 2013 per muovere i primi passi nel Paese del Dragone e il 2014 per cominciare a lanciare ufficialmente il servizio. Il suo più grande concorrente, Didi, è nato nel 2012 e non gli ha dato praticamente spazio. E' difficile dare qualche colpa a Uber – perché in realtà non è che si sono poi mossi così lentamente - ma in Cina "veloce", spesso non è abbastanza veloce. Se la vostra startup ha raggiunto un buon livello di successo nel vostro mercato domestico, potete scommettere che ci sia una startup cinese che sta già lavorando sull'adattamento del vostro modello per la Cina. Anzi, è probabile che ce ne siano un bel po’. Nel caso di Uber, ce ne erano a decine. Un mese prima che Uber fosse lanciato ufficialmente in Cina, Didi già offriva una copertura su 30 città. Due mesi dopo il lancio di Uber, Didi si era esteso a un totale di 178 città. Due mesi dopo, Kuaidi Dache (altra azienda sostenuta da Tencent e Alibaba che poi si è fusa con Didi) era in 256 città diverse. In altre parole: Uber era in Cina da meno di sei mesi e già aveva due grandi concorrenti locali che offrivano lo stesso servizio ma con una copertura decisamente più vasta. A questo va aggiunto il fatto che le imprese straniere difficilmente riescono a tenere il passo dei principali concorrenti cinesi a livello di finanziamenti: in Cina a volte sembra che i flussi di investimento siano infiniti. (qui sotto, una fotografia del mercato scattata a metà dello scorso anno)

2. Cina: guerra di prezzo.

In Cina gli investimenti sono davvero rilevanti. Se si entra per primi bisogna essere preparati a sostenere una possibile guerra di prezzo. E’ quello che è successo a Uber. Dopo la fusione tra Didi e Kuaidi (febbraio 2015), la nuova Didi fu in grado di abbassare continuamente i prezzi. Poco importa se fosse in perdita, i continui round di finanziamento le permettevano di andare avanti assumendo una posizione dominante sul mercato. Lo testimonia, ad esempio, l’investimento miliardario fatto da Apple che ha iniettato nuova linfa in Didi. Investimento che, molto probabilmente, ha fatto capitolare i sostenitori di Uber, che si sono resi conto di non poter competere fino a quel livello. Ovviamente non tutte le aziende straniere si troveranno di fronte un cartello di aziende come Alibaba, Tecencent o Apple pronte a mettere i bastoni tra le ruote ma è bene sapere che la guerra di prezzo è una delle prime strategie adottate dalle imprese locali. Va sottolineato comunque che Didi ha innovato anche nel prodotto: mentre Uber si era focalizzata con la sua app fondamentalmente sul solo servizio che l’ha resa celebre in tutto il mondo, Didi offriva servizi dedicati ai pendolari (autobus collettivi), carpooling, servizi analoghi a quelli di linee di servizio pubblico in superficie, e test drive. Oggi Didi gestisce 11 milioni di corse giornaliere e 300 milioni di clienti.

3. Scegliere il partner giusto è di fondamentale importanza.

Ad onor del vero, Uber in questo ha fatto le cose nel modo giusto. Il servizio era un incubo normativo. La autorità cinesi non sapevano nemmeno bene come regolamentarlo o provare a farlo. Così Uber si è appoggiata a Baidu che ha offerto soluzioni tecnologiche (le mappe ad esempio) e politiche (Baidu ha, ovviamente, molti collegamenti anche di tipo governativo). In questo modo, con un forte partner locale, Uber è riuscita a non rimanere insabbiata in trappole legislative. Altre aziende straniere hanno fatto invece delle scelte sbagliate e ne hanno pagato il prezzo. Groupon, ad esempio, aveva fatto una joint ventures con Tencent per lanciare il suo servizio in Cina. Ma Tencent aveva già una sua società di daily deal; il che significava che la sua attenzione su Groupon era limitata. Il risultato è stato che Groupon non ha mai preso piede e ha perso contro altri concorrenti locali. Da questo punto di vista Uber non ha mai avuto problemi. Con Baidu è tutto sempre andato via liscio e, del resto, se così non fosse stato, non sarebbe probabilmente nemmeno arrivata fino al 2016.

4. Il mercato cinese non è per tutti.

Non è necessario vincere per forza in Cina per essere una azienda di successo. Uber ha perso ma va avanti comunque bene nel resto del mondo. Lo stesso si può dire di Google, Facebook o Twitter, bloccati in Cina ma comunque imprese modello. Per le aziende cinesi è quasi una questione di vita o di morte presidiare e vincere sul proprio mercato nazionale. E’ quindi molto probabile che mettano in campo tutte le risorse possibile per fronteggiare la concorrenza estera. Concorrenza però che spesso deve fare i conti anche con i propri finanziatori: Uber ha mollato il colpo perché la Cina stava drenando via troppe risorse e, con una IPO in vista, questo non poteva aiutare di certo. Situazione che difficilmente può accadere e influenzare la vita di una azienda cinese che, tipicamente, è quasi sempre concentrata solo sulla Cina.

5. Capire quando lasciare.

Questo punto è figlio del precedente: Uber ha fallito ma ha saputo fare un passo indietro prima che fosse troppo tardi. Ora possiede delle quote di Didi. Magra considerazione forse ma altre storie non sono finite nello stesso modo: eBay non ha alcuna partecipazione in Alibaba così come Google non ce l’ha in Baidu. La maggior parte delle aziende straniere che hanno fallito in Cina non possono dire lo stesso. eBay non si è conclusa con una quota di Alibaba. Nessuno dei due ha fatto Amazon. Google non ha una partecipazione in Baidu. Ma Uber ha una partecipazione nella Didi, perché l'azienda ha riconosciuto che stava andando a perdere mentre era ancora un valido concorrente (in maniera significativa alle spalle, ma ancora vitale). Ciò significava che aveva qualcosa da portare al tavolo delle trattative con Didi, e Didi avuto qualche vero impulso a prendere in considerazione l'offerta. Se non ce la fate, provate a dialogare con la concorrenza. Cercate di ottenere qualcosa, lasciate almeno una traccia del vostro lavoro. Credit: ringrazio Techinasia per la fonte continua di informazioni sul mercato dagli occhi a mandorla.