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L'anno del mobile

Andrea Campana
a cura di Andrea Campana

Quali sono le sfide del mobile advertising? Ogni mese, la risposta è affidata a L’anno del mobile, il blog di Engage curato da Andrea Campana, CEO di Beintoo, la mobile data company italiana leader nell'utilizzo della localizzazione e del dato comportamentale ai fini advertising

21/11/2018

L’antidoto alla “retail apocalypse”? L’omnicanalità guidata dal mobile

La risposta a quello che solo apparentemente è il declino del punto di vendita fisico, è sfruttare al meglio i dati che vengono dai nuovi device

Il 2017 è stato l’anno della “retail apocalypse”. Il numero impressionante di chiusure effettuate o annunciate nel mondo, in particolare dalle catene di grande distribuzione statunitense che hanno abbassato la serranda a decine di migliaia di punti vendita, sembrava l’inizio della fine per il concetto di negozio, pronto per andare definitivamente in pensione ed essere sostituito in toto dall’e-commerce. La situazione dopo un anno? Lo store fisico è ancora il luogo preferito da oltre l’88% dei consumatori mondiali per fare acquisti secondo Shopify. Il punto vendita è solamente uno dei touchpoint del customer journey, ma è senza dubbio il più efficace per accrescere la brand awareness e rendere la shopping experience davvero omnicanale. Un percorso che sempre più spesso inizia dallo smartphone, utilizzato da oltre l’80% degli utenti mobile per trovare informazioni sui prodotti che vogliono acquistare secondo un report di The ROBO Economy. Se è nell’ambiente mobile che la customer experience inizia e prosegue, i marketer devono riuscire a intercettare su questo terreno gli utenti e guidarli anche nel mondo fisico offrendo loro prodotti e servizi di cui hanno bisogno.

Sfruttare la localizzazione per adv mirate

I dati di localizzazione sono lo strumento più potente nelle mani dei brand per prevedere i comportamenti dei consumatori e per creare, sulla base di questi dati, delle campagne advertising mirate e che li convincano a visitare il punto vendita più vicino. Di fronte all’esigenza dei marketer di misurare in modo scrupoloso il ROI delle campagne mobile drive-to-store, il settore si sta orientando sempre di più verso un modello CPIV (Cost Per Incremental Visit): questo dato rappresenta il budget speso per ricevere una visita incrementale dal gruppo esposto alla campagna rispetto a quelle effettuate dal gruppo di controllo. In questo modo i marketer non solo possono capire gli utenti realmente influenzati dal messaggio pubblicitario mobile, ma anche pagare solamente gli adv che portano dei risultati concreti in termini di visite in store. Più le aziende continueranno a sperimentare sui dati di localizzazione per raggiungere i consumatori, più il CPIV rivestirà un ruolo cruciale per comprendere quanto i loro investimenti portano valore. Analizzando le campagne degli ultimi 18 mesi, Beintoo ha potuto riscontrare interessanti benchmark su diversi settori, grazie ai quali analizzare l’efficacia delle proprie campagne. Nel dettaglio, l’automotive ha registrato il CPIV medio più elevato, pari a 350 euro, seguito dalla GDO a 54 euro e dalla cosmesi a 53 euro: questi dati indicano come, in questi settori specifici, sia richiesto un investimento più elevato per spingere i consumatori a visitare il punto vendita, considerato  anche il costo elevato di alcuni di questi beni, come un’automobile, un televisore o un profumo di lusso. Il retail di alta gamma ha generato un CPIV di 31 euro, mentre entertainment e tempo libero si attestano rispettivamente a 17 euro e a 14 euro. Solo il retail di bassa gamma e il dining hanno registrato un CPIV inferiore ai 10 euro (rispettivamente 8 euro e 3 euro), dimostrando come, nel caso di beni e prodotti mass market, sia possibile ottenere un riscontro positivo in termini di visite in store con un investimento contenuto.

Il peso del mobile sempre più rilevante

Secondo gli esperti, l’holiday season che sta per iniziare sarà quella in cui il peso del mobile sarà più determinante rispetto al passato. Gli shopper natalizi sono già con lo smartphone in mano, pronti a salvare le offerte migliori, a consultare recensioni e, naturalmente, a fare shopping. L’influenza del mobile nel processo di acquisto è destinata a registrare un vero e proprio record negli ultimi mesi del 2018, come afferma un’indagine di Salesforce: oltre a guidare il trend nelle vendite online (sarà infatti responsabili del 68% del traffico e-commerce e del 46% degli ordini), gli smartphone saranno determinanti anche negli acquisti in-store, in quanto l’83% degli shoppers tra i 18 e i 44 anni consulteranno il proprio telefono all’interno del punto vendita.

Mobile e retail: alleati più che nemici

Sono lontani i tempi in cui lo smartphone era considerato un nemico del retail tradizionale. Oggi i big del brick-and-mortar sono i primi a credere nelle potenzialità del mobile e a integrare le sue funzionalità nell’esperienza d’acquisto nel mondo reale. L’ultimo esempio è quello di Target, che ha di recente annunciato una nuova funzione di realtà aumentata sulla propria app mobile, grazie al quale scannerizzare i prodotti, confrontare i prezzi e fare check out senza alcuna fila. La commistione tra mobile e retail fisico è alla base di alcune delle ultime iniziative dei big player. Le nuove tecnologie hanno trasformato casse, specchi e camerini in strumenti grazie ai quali registrare i profili dei propri clienti. Nike, per esempio, ha lanciato il concept Nike by Melrose: un negozio “di quartiere”, come lo definisce lo stesso colosso sportswear, nel cuore di Los Angeles che unisce l’esperienza online ai servizi premium in-store. Incrociando le informazioni degli utenti iscritti al sito web di Nike o alla community Nike+ con i dati di localizzazione delle persone che abitano in quel quartiere specifico, il brand ha organizzato il magazzino in modo tale da esporre in negozio solo i prodotti che, in base ai dati collezionati, rientreranno nelle preferenze dei clienti Nike più vicini e che quindi potranno essere più facilmente acquistati. Le vie del customer journey non sono infinite, o quasi. Secondo le stime di Grant Thornton, dal momento in cui un utente inizia a informarsi su un prodotto al check out online o in store, possono crearsi fino a 800 percorsi d’acquisto diversi, in base ai comportamenti del singolo utente. Comprendere queste dinamiche, per un retailer, significa assicurarsi un vantaggio competitivo fondamentale in un’arena sempre più agguerrita.