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29/10/2020
di Andrea Di Domenico

Pubblicità, GroupM ora prevede una chiusura 2020 in Italia tra -10% e -13%

Le conseguenze della “seconda ondata” dell'epidemia di Covid potrebbero frenare la ripresa del mercato pubblicitario. Beduschi: «Molto dipende dalle prossime settimane»

Massimo Beduschi

Massimo Beduschi

L'aggravarsi della “seconda ondata” di Covid potrebbe frenare la ripresa del mercato pubblicitario in atto. Di quanto lo si desume dalle ultime stime di GroupM riguardo alla chiusura del 2020, condivise oggi da Massimo Beduschi, presidente di WPP Italia e Ceo e Chairman di GroupM Italia, nel corso del dibattito organizzato da PwC nell’ambito della serie "Competere per riavviare il futuro" dedicato al ruolo dei media.

La forchetta calcolata da GroupM prima delle ultime disposizioni governative si colloca tra il -10% e il -13%. «Qualche settimana fa eravamo più vicini a -10%, ora siamo passati all’altro estremo della forchetta», ha detto Beduschi, il quale però ha tenuto a sottolineare come la fluidità dell'attuale scenario non offra grande visibilità. «Fare delle stime in questa fase è diventata una cosa più complicata di prima, per questo motivo parlo di stime in revisione, quindi vedremo come andranno i prossimi mesi», ha avvertito il manager. 


Leggi anche: WPP GROUP, CONTI IN MIGLIORAMENTO NEL TERZO TRIMESTRE DEL 2020


Per quanto riguarda i singoli mezzi, la previsione è che internet riuscirà a chiudere l'anno con un piccolo segno positivo, mentre la tv concluderà il 2020 con un risultato in grosso modo in linea con il dato media del mercato, intorno al -14%. Più pesanti i cali stimati per gli altri mezzi: radio a -25%, stampa -30% a con i quotidiani a -20% e i periodici a -40%, affissioni a -40% e cinema a -60%. 

A livello qualitativo, Beduschi ha poi sottolineato come questo Natale sarà significativamente diverso dal solito sul fronte sia dei consumi, con gli italiani molto orientati alle spese per la casa alla luce anche della grande spinta alla digitalizzazione, sia per la comunicazione, con la conferma di quell'orientamento ad una pubblicità fortemente “valoriale” che si è già affermato fin dalle prime fasi della Pandemia.

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