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di Redazione Engage

Google posticipa lo stop ai cookie. E adesso? La parola agli esperti

Le reazioni dei professionisti della comunicazione e del digitale alla decisione di Mountain View. Cosa cambia per il mercato della pubblicità online?

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Google ha deciso di posticipare la rimozione dei cookie alla fine del 2023, con due anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale che indicava l'inizio del 2022. La tecnologia è da anni utilizzata dal settore pubblicitario per tracciare la navigazione degli utenti sul web e mandare annunci mirati agli utenti.

Se da un lato la decisione del colosso di Mountain View offre ad aziende ed operatori della pubblicità online più tempo per adattarsi e prepararsi al nuovo scenario cookieless, dall'altro la mossa segna una sorta di improvviso dietro-front rispetto a una direzione di marcia verso cui il settore nel complesso sembrava ormai avanzare in modo compatto, anche attraverso lo sviluppo di soluzione di addressability alternative e (almeno in teoria) più rispettose della privacy dell'utente. 

Quali sono le conseguenze della decisione di Google sullo sviluppo del mercato? E cosa succederà ora? Lo stiamo chiedendo ai professionisti della industry della pubblicità e del digitale. Di seguito i commenti (se volete esprimere un'opinione sulla questione, scriveteci a redazione@engage.it)


 

Mario Varriale, Product & Tech Director di Havas Media: "“Questione di enorme complessità”

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“Dopo i dubbi espressi dal mercato e dalle Authority competenti sul privacy Sandbox di Google, era prevedibile un rinvio da parte di Mountain View. Ieri hanno brindato molti player “cookie-driven” con incrementi in borsa del 10-15% e in generale la Industry ha sicuramente apprezzato la presa d’atto di Google dell’enorme complessità della questione, che non poteva essere risolta in così pochi mesi e con così poche informazioni a disposizione degli attori della filiera.

Quando la decisione di una singola azienda influenza l’intero mercato significa sempre che c’è un problema di concentrazione eccessivo, che andrà in ogni caso risolto prima o poi. Il tema della privacy, della qualità e della ownership dei dati è comunque legittimo e centrale e l’azione di Google ha sicuramente avuto il merito di averlo messo al centro della discussione, portando in evidenza l’importanza dei data asset di prima parte dei brand, su cui in ogni caso noi, come partner dei nostri clienti, continueremo a lavorare per valorizzarli e renderli sempre più un leva di business”.


 

Konrad Feldman, CEO di Quantcast: "Il focus non cambia"

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“Qualsiasi CEO o manager che sta tirando un sospiro di sollievo per questa notizia e si prepara a riassegnare persone e risorse ad altri progetti dovrebbe riconsiderare la propria decisione.

Google ha annunciato di aver bisogno di più tempo per l'interruzione del supporto dei cookie di terze parti, ma brand, agenzie, editori e aziende tecnologiche dovrebbero comunque rimanere concentrati sulla ricerca di un'alternativa a lungo termine altrimenti la corsa folle prevista per la seconda metà del 2021, sarà solo rimandata alla prima metà del 2023.

Le soluzioni per il mondo cookieless hanno infatti valore ora, indipendentemente dal rinvio temporale dichiarato dal gigante tech perché già molte sezioni dell’open internet, compresi Safari e Firefox, richiedono alternative ai cookie di terze parti. Quantcast resta quindi focalizzata sullo sviluppo di un'alternativa innovativa e interoperabile ai cookie di terze parti basata su solidi standard industriali".


 

Sara Buluggiu, MD Italy, Spain e MENA di Magnite: “Lavorare per farsi trovar pronti”

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"Sebbene il rigetto dei cookie di terze parti sia stato rinviato, l'industria della pubblicità online ha ancora del lavoro da fare per prepararsi. Le soluzioni di identity devono essere sviluppate, testate e collaudate per garantire che quando i cookie diventeranno obsoleti, il mercato disporrà di valide alternative.

Magnite ritiene che i dati proprietari dei publisher giocheranno un ruolo-chiave in futuro perché gli editori hanno una relazione proprietaria con l'utente. Garantire che i dati vengano raccolti con il consenso delle audience e che in seguito ci sia un contino controllato su dove e quando vengono condivisi con gli acquirenti sarà il fattore più critico a lungo termine”.


 

Claudio Vaccarella, Ceo Connected-Stories: “Il destino dei cookie è segnato”

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“La nostra opinione sull’annuncio di Google è che sostanzialmente per quanto riguarda i cookies il destino è segnato. Si tratta di un meccanismo invasivo e gli utenti di Internet si sono espressi chiaramente.

Quello che è sfuggito in molti commenti che abbiamo letto è la vera ragione del rinvio che riguarda la Privacy Sandbox nel suo complesso. Penso che l’attenzione del regolatore UK, che ha determinato la mossa di Google, è stata innescata dal nuovo flusso di esecuzione del media trading. Nel nuovo modello, proposto nella sandbox e denominato Turtledove, ci sono alcuni aspetti che davvero richiedono maggiore scrutinio da parte delle authority e delle organizzazioni per l’Open Internet e la pubblicità digitale come W3C e IAB. Uno per tutti, il decisioning dell’asta per l’acquisto del placement verrebbe eseguito sul browser (Chrome) con potenziali effetti negativi non solo sulla trasparenza, ma anche sulla qualità stessa dell’esperienza pubblicitaria. 

Per quanto riguarda la strategia di Connected-Stories, non cambia niente: proseguiamo sulla strada del “consumer first” e dunque rispetto della privacy e ricerca ossessiva di una Ad Experience qualitativa basata sulla rilevanza e sull’allineamento emozionale con l’utente".


 

Filippo Trocca, Chief Customer Intelligence Officer di Datrix: “Il sentore di un rinvio era nell'aria”

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Nell'industria il sentore di un rinvio era nell'aria: durante il Google i/o nelle varie sessioni dedicate alla Privacy Sandbox la comunicazione ufficiale di Google si era già trasformata in: i cookie di terza parte saranno rimossi quando una tecnologia alternativa sarà pronta.

Inoltre la settimana precedente Google aveva ufficialmente annunciato un accordo con l’antitrust UK per rilasciare un’alternativa ai 3rd party cookies solo dopo una revisione della soluzione da parte dell'ente stesso, impegnandosi a notificare le nuove funzionalità 60 giorni prima che entrassero in produzione.

Google è in una posizione unica nel settore che non gli permette di sviluppare con la stessa libertà di altri operatori: Apple, Microsoft e Firefox hanno già bloccato i cookie di terza parte nei loro browser e nessuno ha mosso loro cause antitrust.

Alla luce di quanto sopra ritengo che non si potesse che rinviare perché una reale alternativa non era pronta: tutte le proposte al momento sul piatto non sono infatti testabili perché non sono abbastanza mature.

È ormai chiaro che non sarà un’unica soluzione a sostituire i 3rdparty cookie ma si stanno sviluppando nuove soluzioni al fine di permettere di fare advertising rispettando la privacy dell'utente: dal delivery, alla misurazione, al targeting. Ho la fortuna di poter osservare il mercato da una posizione privilegiata partecipando ai diversi tavoli di discussione dello IAB. La comunità è in fermento, due giorni fa, il 23 giugno, Microsoft ha presentato alla IAB Rearc adressability working group la sua proposta di alternativa al 3rdparty cookie Parakeet.

Un altro esempio funzionante e già attivo è SKAdnetwork di Apple che permette nel mondo delle app mobile di misurare le performance delle attività di advertising senza tracciare tutta l’attività dell'utente. È una soluzione per il mondo app native per smartphone, ma è studiata con attenzione per poter applicare le stesse funzionalità anche nel mondo web.

I dati di prima parte, cioè i dati raccolti dall'azienda quando l’utente/cliente utilizza le proprietà aziendali, saranno comunque al centro del nuovo paradigma: l’annuncio di Google sembra concedere un po’ più di tempo per prepararsi alla rivoluzione, ma è una falsa speranza. In realtà siamo già in ritardo perché altri browser sono più avanti e rappresentano più del 35% del mercato mondiale.

Il rinvio da parte di Google permetterà di sperimentare per più tempo e di approcciare il tutto in modo più progressivo, ma è fin da subito che occorre che le aziende definiscano una strategia di raccolta ed analisi dei dati di prima parte. Questo già oggi aiuta a migliorare la misurazione e le performance delle attività di business, grazie a Facebook API Conversion e Google Data Import.

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