L'attribuzione delle conversioni si riferisce al modo in cui i marketer valutano il valore o il Roi dei canali e dei mezzi con cui i clienti entrano in contatto con loro per conoscere meglio o acquistare prodotti e servizi.
Sembra tutto abbastanza semplice quando si pensa alla vendita finale. Ma quante volte un cliente va direttamente su un sito Web a concludere un acquisto? Raramente. In realtà, molto più spesso tanti canali e tanti messaggi sono responsabili della decisione finale di tale acquisto, incluso l'annuncio di Facebook su cui avevano inizialmente fatto clic, l'e-mail ricevuta al momento dell'iscrizione alla newsletter, la ricerca effettuata su Google. Tutte queste interazioni, che definiscono la customer journey del cliente, sono definite touchpoint.
Ma con così tanti punti di contatto (pubblicitari e non) che vanno considerati, com’è possibile stabilire e soprattutto misurare in che modo ogni singolo touchpoint abbia contribuito alla conversione finale? La risposta è affidata ai modelli di attribuzione delle conversioni.
Gli approcci della marketing attribution
Esistono approcci diversi legati all’attribuzione, ognuno dei quali con i propri vantaggi e svantaggi. Essenzialmente, però, possiamo raggrupparli in due categorie:
1.
Single Source Attribution: questa tipologia di modelli attribuisce il credito della conversione esclusivamente ad un unico touchpoint, tipicamente il primo (
first-touch attribution) o l’ultimo (
last-touch attribution). Se da un lato i modelli first-touch ignorano completamente tutte le interazioni successive alla prima, dall’altro lato i modelli-last touch ignorano tutte le interazioni che agiscono negli step precedenti della customer journey. In entrambi i casi, l’efficacia dei vari marketing channels viene distorta e pertanto tali modelli risultano particolarmente limitanti.
2.
Multi Source Attribution: nei modelli di attribuzione multi-touch, a ciascun canale che contribuisce viene assegnata una parte del credito che porta alla conversione finale. A differenza della prima tipologia, i modelli multi-touch tengono conto della totalità del percorso di un cliente e differiscono gli uni dagli altri per la logica sottostante con la quale viene assegnata l'attribuzione ai diversi punti di contatto. Fra i modelli più utilizzati troviamo:
- Lineare, che dà lo stesso peso a tutti i touchpoint, dividendo egualmente il credito della conversione fra tutti i marketing channel;
- Decadimento temporale, indicato per i business con cicli di vendita piuttosto lunghi (come alcuni settori in ambito B2B). Il modello di decadimento temporale attribuisce credito ai touchpoint più recenti rispetto alle prime interazioni del path to conversion, che potrebbero non essere stati altrettanto efficaci;
- U-shaped, modello che enfatizza l'importanza di due punti di contatto chiave, che si prendono la maggior parte del credito (solitamente il 40% ciascuno): il primo touchpoint che ha attirato il visitatore e l’ultimo punto di contatto che ha portato il cliente alla conversione. Il restante 20% del credito è suddiviso fra i touchpoint intermedi;
- W-shaped, una variante del modello a U che prevede l’introduzione di un touchpoint chiave aggiuntivo. Solitamente questi tre punti chiave sono identificati con il primo touchpoint (ingaggio), l’interazione che ha generato la lead e il touchpoint finale che ha portato alla vendita.
- Custom. Naturalmente, esiste un'opzione per assegnare i propri pesi di attribuzione attraverso un modello personalizzato. Probabilmente, questa è la tipologia di attribuzione più sofisticata, che richiede l’implementazione di algoritmi di machine learning e poter contare sulla collaborazione di bravi data scientist. Non di rado, questi algoritmi sono spesso adattati in base alle caratteristiche del business, ai canali di marketing utilizzati e al comportamento tipico dell’utente in quel settore.
In H-FARM, ci basiamo su quest’ultima categoria. Abbiamo infatti costruito e applicato su diversi progetti dei nostri clienti dei modelli di attribuzione custom che continuiamo a mettere in competizione l’uno con l’altro, a tutto vantaggio delle performance del cliente. Analizzare i percorsi di navigazione ci permette di:
- Individuare le journey che portano alla conversione (percorsi positivi), ma anche quelle che non portano alla conversione (percorsi negativi). È solo dall’analisi congiunta di percorsi positivi e negativi che è possibile adottare una logica di Roi e valutare correttamente l’efficacia e l’efficienza dei vari canali di marketing ed indirizzare correttamente il budget;
- Visualizzare quali sono le creatività o gli annunci pubblicitari più efficaci;
- Valutare l’operato delle concessionarie che operano a valle (retargeting players) o a monte (prospect players) della customer journey;
- Misurare la lunghezza dei path in termini di numero di interazioni e di tempo;
- Individuare i placement più profittevoli e capire dove gli annunci sono maggiormente cliccati, piuttosto che visti o non visti;
- Comprendere meglio il comportamento di navigazione degli utenti e individuare i cluster di utenti più propensi all’acquisto con l’aiuto di una DMP (Data Management Platform).
Sfide e scenari futuri
I modelli di attribuzione per sopravvivere e migliorarsi dovranno necessariamente evolversi per rispondere alle nuove sfide del marketing:
- Omnichannel attribution. Secondo una ricerca di Comscore, il 92% delle transazioni al dettaglio avviene ancora offline, ma le aziende tendono ad avere un vero approccio data-driven solo per le campagne marketing online che sono solo una parte dell’intero investimento pubblicitario. Quindi uno degli aspetti da sviluppare riguarda l'impatto che i canali online hanno nel guidare gli acquisti offline e viceversa.
- Cross-device reconciliation: uno dei problemi dell’attribuzione è legato al tracciamento dei cookie. Quando l’utente naviga da device differenti viene percepito come un cookie differente e il suo percorso di navigazione non viene più percepito come unico, ma frammentato. Per questo è necessario ricorrere alla riconciliazione dei dati tra device e canali differenti. Una delle tecniche che sta dando buoni risultati anche in termini di scalabilità è l’approccio probabilistico del device fingerprinting che combina una serie di attributi legati al device, al browser con alcune informazioni del cookie come l’IP, la rete Wifi e il comportamento di navigazione dell’utente per ottenere un (probabile) identificativo univoco.
- Integrare le informazioni dei modelli di attribuzione con i dati del CRM e, in generale, integrare tutte le altre fonti dato provenienti dai diversi rami aziendali, per avere una visione complessiva della customer experience e migliorare la performance dell’advertising. In tale direzione, la Customer Data Platform (CDP) consente di abbattere tutti i silos informativi a vantaggio dell’integrazione del dato e della marketing automation.
Per maggiori approfondimenti leggi anche:
Customer journey: misurare l’efficacia del path to conversion
L’ascesa delle customer data platform