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19/02/2016
di Alessandra La Rosa

Ufficiale: al via il 24 febbraio le AMP di Google

Big G renderà visibili le Accelerated Mobile Pages sui risultati di ricerca dalla prossima settimana. Cosa cambia per gli editori?

Se Facebook, giusto qualche giorno fa, ha annunciato che la data di roll-out ufficiale dei suoi Instant Articles sarà il 12 aprile, per Google AMP, a quanto pare, dovremo aspettare molto meno. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa internazionale, infatti, Google introdurrà le sue Accelerated Mobile Page il 24 febbraio. Lo strumento, lanciato ufficialmente lo scorso ottobre, nasce per ovviare al problema della lentezza di caricamento delle pagine tipica della navigazione da mobile, soprattutto quando si visitano siti particolarmente “ricchi” a livello multimediale o con inserzioni adv particolarmente “sofisticate”. Un fenomeno che nella maggior parte dei casiporta il lettore ad abbandonare la pagina prima del suo caricamento, con conseguenti ricadute per gli editori e i loro inserzionisti. Di fatto, si tratta di pagine web prodotte dagli editori in un formato speciale più "leggero", che saranno “cachate” e distribuite da Google, mentre ricavi pubblicitari e traffico saranno attribuiti agli editori. Nelle intenzioni di Google ci sarebbe proprio quella di reinventare il mobile web, distribuendo contenuti a una velocità quasi istantanea: attraverso AMP, Google ha fatto sapere, le pagine arrivano a caricarsi l'85% più velocemente di quelle standard su mobile. Anche gli annunci pubblicitari saranno più veloci nel caricamento e, in una nota ufficiale lo scorso dicembre, Google aveva comunicato che la roadmap iniziale di AMP includeva anche annunci dalle misure adattabili e supporto per la viewability, oltre all’integrazione con data management providers, fornitori di contenuti sponsorizzati e servizi di analytics con una serie di partner. Come però fa notare Advertising Age, le possibilità "pubblicitarie" e in generale di monetizzazione per gli editori saranno minori rispetto a quelle di una pagina tradizionale (cosa che, peraltro, succede anche con gli Instant Articles di Facebook): interstitial ads, formati impattanti come i site takeover, così come elementi script-based, widget che suggeriscono altri articoli o video erogati prima dell'accesso al contenuto sono tutti elementi non consentiti nelle AMP. Insomma, di fatto, adattandosi a un formato di visualizzazione standard, gli editori perderebbero la libertà di gestire l'aspetto delle loro pagine in autonomia, aggiungendo formati adv e altri strumenti di monetizzazione in base alle esigenze di business. Ma d'altro canto, in un mondo in cui sempre più gli utenti di internet usano il mobile per fruire contenuti online, la necessità di un editore di ottimizzare il caricamento delle proprie pagine diventa di vitale importanza. E c'è poi un'altra questione da affrontare: la visibilità delle pagine sul motore di ricerca Google. Una questione non da poco, che pesa in maniera sensibile sul traffico dei siti di diversi editori. Il dubbio che Google favorisca le pagine in versione AMP rispetto a quelle tradizionali nel proprio ranking c'è, e anche se Big G ha smentito l'intenzione di preferire le Accelerated Mobile Pages, certo è che il motore di ricerca ha sempre favorito nei risultati di ricerca siti più veloci rispetto ad altri più lenti a parità di altre caratteristiche, ed è sempre stato particolarmente attento alla navigazione da mobile, cui lo scorso aprile ha dedicato anche uno specifico algoritmo per i risultati di ricerca, che prediligeva i siti mobile-friendly (il cosiddetto Mobilegeddon). Diversi grandi editori e piattaforme digitali, comunque, hanno già fatto la loro scelta: ad utilizzare AMP a partire dalla prossima settimana saranno, solo per citarne alcuni, il New York Times, il Washington Post e l'italiana La Stampa, oltre a Twitter, Pinterest, LinkedinWordPress.

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