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27/09/2019
di Lorenzo Mosciatti

Il caso "Nella mia cucina", Corbetta (OBE): «Il branded entertainment tv è lecito e funziona»

La presidente dell'Osservatorio Branded Entertainment interviene sulle polemiche legate alla trasmissione di Rai 2 co-prodotta da Scavolini

Non si placano le polemiche su "Nella mia cucina", il nuovo programma di Carlo Cracco in onda nel pomeriggio di Rai 2 co-prodotto da Scavolini. Commentando i bassi dati di ascolto registrati dalla trasmissione, il direttore di Rai 2 Carlo Freccero ha spiegato in un'intervista di non aspettarsi di più dal format in quanto  “è un programma pagato dalla pubblicità, e invece di fare audience porta soldi". Una dichiarazione che è stata aspramente criticata da Michele Anzaldi, l’esponente di Italia Viva, segretario della Commissione Vigilanza, che ha detto: “Non si ha conoscenza di altri casi in cui un’intera porzione di palinsesto pomeridiano di una delle reti generaliste del servizio pubblico venga ceduta ad un inserzionista pubblicitario, come fosse uno spazio di televendita, senza che la Rai possa decidere autonomamente del destino di un proprio programma”. Commentando queste considerazioni, Laura Corbetta, presidente dell'Osservatorio Branded Entertainment, ha spiegato in una nota che "'nella mia cucina' è un tipico esempio di branded entertainment televisivo, una forma di comunicazione sempre più utilizzata dai brand, in Italia e all’estero, in alternativa o in aggiunta a forme di comunicazione più tradizionale, dalle quali però si distingue perché il branded entertainment offre allo spettatore un contenuto di intrattenimento originale, un vero e proprio programma, dove la presenza del marchio è strettamente legata al contenuto narrativo". La possibilità di prevedere nel palinsesto delle imprese televisive contenuti editoriali finanziati anche dal mercato, prosegue Corbetta, "è disciplinata dal testo unico dei servizi media audiovisivi che prevede, appunto, la liceità dell’inserimento di prodotti/marchi commerciali (cd product placement/branded content) all’interno di programmi televisivi dietro pagamento. La normativa, oltre a prevedere una serie di limiti all’utilizzo di tale strumento, prevede l’esclusione dai limiti dell’affollamento pubblicitario proprio in virtù del fatto che siamo in presenza di programmi televisivi muniti di un contenuto editoriale autonomo e apprezzabile a prescindere dalla presenza/visibilità concessa al marchio". "Il fatto che sia stato realizzato grazie al supporto di un marchio commerciale non dovrebbe, inoltre, influire sulle scelte editoriali del broadcaster, che mantiene inalterate le sue prerogative di responsabile del contenuto in onda, È importante ricordare che il branded entertainment è una leva strategica sempre più importante per il marketing e la comunicazione dell’aziende, che solo in Italia muove oltre 500 milioni di euro di euro l’anno con un trend in significativa e costante crescita".  

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