Il 27% degli utenti si dichiara molto attento alla propria privacy e il 62% lo è abbastanza.
L’attenzione cambia sensibilmente se si parla della privacy dei propri figli. In questo caso, il 63% delle persone si dichiara molto attento e la fonte principale di preoccupazione per i genitori sono soprattutto i social (69% dei casi) seguiti dai motori di ricerca (15%). In questo senso, l’83% vorrebbe avere accesso a un motore di ricerca in grado di eliminare automaticamente dai risultati i contenuti potenzialmente inappropriati.
Lo rivela una ricerca condotta da Qwant e FattoreMamma che ha visto il coinvolgimento di oltre 1.200 persone (98% donne e 2% uomini) di tutta Italia (58,34% Nord, 21,11% Centro e 20,55% Sud) di età compresa tra i 18 e i 45 anni e con figli nel 91% dei casi, con l’obiettivo di capire quanto oggi siano ritenute importanti le tematiche inerenti alla privacy e alla sicurezza online.
«Abbiamo particolarmente a cuore i più giovani e abbiamo lavorato tanto per poterli accogliere nel mondo Qwant nel modo migliore. Un motore di ricerca, se usato correttamente, può davvero essere uno strumento prezioso di informazione e formazione, nonché una finestra aperta sul mondo - ha commentato Fabiano Lazzarini, Country Manager di Qwant Italia. - Ci avviciniamo ai più piccoli attraverso Qwant Junior, concepito, studiato e sviluppato appositamente per bambini e genitori e, per questa ragione, in grado di offrire risultati senza contenuti potenzialmente inappropriati».
Pubblicità e profilazione
Temi caldi sono anche quelli legati alla pubblicità e alla profilazione.
Il 66% degli intervistati dichiara di essere infastidito da pubblicità proposte sulla base di precedenti esperienze di navigazione, perché ritengono che le aziende non dovrebbero avere accesso alle informazioni relative a ricerche effettuate online. Inoltre, ben
il 72% è contrario a essere profilato. Il tema della profilazione e della raccolta dei dati personali ancora una volta si riflette sul motore di ricerca: per
il 68% degli intervistati tutte le ricerche non dovrebbero essere accessibili a terzi e
per il 64% non dovrebbero essere utilizzate tecnologie di tracciamento (finalizzate a proporre pubblicità diverse in base al profilo dell’utente) e il 60% non gradisce risultati rilasciati in base a precedenti attività.
«È interessante notare, ancora una volta, come
le persone nutrano maggiori timori verso i social, poiché temono che i profili personali siano il terreno ideale per l’invasione della privacy e che i rischi più grandi si annidino lì – continua Fabiano Lazzarini -. In realtà, possono ancora essere insidiosi per gli utenti più giovani che potrebbero pubblicare delle immagini e delle informazioni non appropriate, mentre tra gli adulti la sensibilità si è acuita. Al contrario,
i motori di ricerca nascondono i pericoli maggiori: attraverso questi ricerchiamo di tutto, anche gli aspetti più connessi alla nostra sfera intima e personale e, assemblando le informazioni che seminiamo in Rete e che comprendono tutte le nostre attività svolte online, arrivano a tracciare profili estremamente precisi e in continua evoluzione di chi siamo e dei nostri interessi, di qualunque genere essi siano».