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23/03/2020
di Francesco Tempesta

Coronavirus, il 49% delle aziende italiane ridurrà la spesa pubblicitaria. I dati di BVA Doxa

Ma c'è chi va in controtendenza, sfruttando il momentum per aumentare o mantenere la presenza mediatica. L'indagine della società sugli effetti del Covid-19 sulle imprese

Il protrarsi dell'emergenza legata alla diffusione del Covid-19 avrà degli effetti sul mercato pubblicitario in Italia. Lo confermano i dati di una ricerca condotta da BVA Doxa per indagare gli effetti della diffusione del Coronavirus - e delle relative misure implementate per contenere il contagio - sul business delle aziende italiane. Secondo l'analisi, effettuata su un campione di 301 aziende italiane di diversi settori e dimensioni, con presenza nazionale e internazionale, ci sarà infatti una riduzione degli investimenti pubblicitari per metà delle aziende intervistate. Per contrastare la crisi e preservare la sostenibilità economica, le aziende tricolore ridimensioneranno infatti una parte significativa dei propri investimenti, e a subire le riduzioni più importanti saranno in particolare gli investimenti in marketing e comunicazione. Quasi la metà, il 49%, ridurrà le attività di advertising e media spending, mentre il 45% taglierà le attività di marketing. Altre riduzioni significative toccheranno alle politiche di sviluppo commerciale, per il 39% delle aziende, al lancio di nuovi prodotti e servizi, per il 33% delle aziende, e alle attività di ricerca e sviluppo, per il 26% delle aziende. In un quadro complesso e particolarmente negativo, una percentuale comunque significativa di aziende va invece in controtendenza e dichiara che per reagire alla crisi aumenterà alcuni investimenti particolarmente strategici: un’azienda su quattro incrementerà le attività di marketing, mentre il 41% sfrutterà il momentum per aumentare o mantenere la propria presenza mediatica.

Coronavirus: l'impatto sul business delle aziende

In un contesto di grande incertezza per quanto riguarda la durata dell’emergenza in corso, ben il 76% delle aziende intervistate dichiara un impatto negativo della diffusione pandemica sul business fin dalla prima ora, mentre un’azienda su cinque prevede di riscontrare i primi effetti a partire dal mese di aprile. Effetti che quattro aziende su cinque reputano elevati e che colpiscono in ugual misura sia le aziende piccole, con meno di 50 dipendenti, che quelle grandi, con oltre mille dipendenti.

Le conseguenze sulla domanda interna e sull’export

Per 2 aziende su 3 l’emergenza influirà negativamente sulla domanda dei prodotti e dei servizi a livello nazionale. Quasi la metà, il 45%, ritiene che dovrà affrontare un calo particolarmente significativo, del 10%. Più incerte rimangono invece le prospettive sulla domanda di prodotti e servizi sui mercati internazionali: il 34% non sa ancora esprimersi sui futuri scenari, anche se c’è già un 43% delle aziende che dichiara già di osservare ripercussioni negative anche sull’export.

Lo smart working funziona

Le strategie di contenimento dei contagi messe in atto da governo e istituzioni, hanno messo per la prima volta alla prova l'approccio delle aziende italiane allo smart working. Costrette a dover attuare politiche di lavoro agile per rispettare le disposizioni governative e limitare il contagio, il 73% delle aziende tricolore ha introdotto lo smart working in maniera “massiva”, ovvero applicato al maggior numero di persone. Solo una minoranza non è invece riuscita (o non ha avuto la possibilità) a implementarlo in maniera altrettanto estesa: il 17% è riuscita ad attuarlo solo in maniera contenuta e circoscritta ad alcune aree o funzioni, mentre un’azienda su dieci lo applica marginalmente, ovvero in maniera riservata a specifiche figure. E le aziende italiane hanno scoperto che lo smart working funziona: ben il 90% esprime un giudizio favorevole in termini di efficienza e gestione ottimale dell’attività lavorativa. Non solo: per due aziende su cinque - in particolare quelle attive nei settori finance, utilities e TLC - i cambiamenti organizzativi introdotti in questo periodo saranno continuativi anche a emergenza finita. Una pratica che è stata dunque particolarmente apprezzata e che, malgrado le circostanze in cui è stata introdotta, è destinata durare nel tempo.

Le prospettive: timori per il futuro, ma un’azienda su tre rimane ottimista

La maggior parte delle aziende, il 67%, esprime timori che la situazione avrà ripercussioni particolarmente consistenti per un lungo periodo di tempo. Un terzo delle aziende è invece più ottimista e ritiene che la crisi possa risolversi nell’arco di qualche mese.

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