• Programmatic
  • Engage conference
  • Engage Play
11/07/2018
di Teresa Nappi

Pinko, Furla e Patrizia Pepe sono i brand Contemporary Fashion italiani più competitivi sul digital

Secondo una ricerca Netcomm e Contactlab è da migliorare però, tra le altre cose, la capacità di espandersi fuori dai confini europei. Intanto, nel 2018 gli acquirenti online di prodotti abbigliamento e accessori crescono dell'11%

In occasione della seconda edizione del “Netcomm Focus Fashion & Lifestyle”, appuntamento dedicato al digitale per le aziende del fashion e del lifestyle, il Consorzio Netcomm e Contactlab hanno analizzato la competitività digitale di un panel di 19 brand italiani, classificati come Contemporary Fashion. La ricerca, realizzata attraverso la Digital Competitive Map, la metodologia di ContactLab attiva dal 2014 per valutare il posizionamento online dei marchi del fashion, ha preso in considerazione 189 parametri ripartiti tra due assi: Digital Strategic Reach e Digital Customer Experience. Il primo asse del Digital Strategic Reach riguarda criteri strategici come la presenza del brand sui mercati e-commerce mondiali e sui principali e-tailer, l’ampiezza di gamma dell’offerta, le attività di engagement con il cliente, l’uso dei social e la trasparenza sull’origine dei prodotti. Il secondo asse della Digital Customer Experience identifica gli aspetti relativi alla qualità e all’efficacia dell’interazione tra brand e cliente nella navigazione sui siti, verificando per esempio l’esperienza di acquisto online, l’offerta di servizi cross-channel, le app, i metodi di pagamento, le opzioni di consegna e reso, la comunicazione via direct marketing e social, etc. Tre brand si mettono particolarmente in luce:

  1. Pinko: dalla somma dei punteggi emerge come il marchio più competitivo, con un ottimo bilanciamento sui due assi della matrice;
  2. Furla: si distacca molto sull’asse verticale “Digital Strategic Reach” per il significativo livello di globalizzazione raggiunto non solo in Europa, ma anche in Asia e Stati Uniti;
  3.  Patrizia Pepe: offre alla clientela una piacevole esperienza di navigazione e interazione digitale.

Le criticità messe in luce dalla ricerca Netcomm e Contactlab

Osservando la presenza nei mercati ecommerce con canali di vendita diretti, emerge che i brand del Contemporary Fashion analizzati hanno una forte e omogenea presenza in Europa (circa il 95%), una buona copertura in Usa e Russia (rispettivamente 70% e 65% circa), ma sono meno presenti nei mercati asiatici, in particolare in Cina la cui percentuale scende al di sotto del 40%. Rispetto ai marchi del lusso, il panel Contemporary Fashion è meno presente sugli e-tailer specializzati nel mondo del Fashion & Luxury come Net-à-porter, Luisaviaroma e MyTheresa. È invece più presente su Amazon Moda, piattaforma che facilita l’accesso al mercato nonostante l’esperienza di navigazione e il posizionamento dei marchi possano risultare non ottimali. Si evidenzia anche la difficoltà per il panel italiano di presidiare il complesso mercato cinese sia con una strategia di distribuzione diretta che attraverso i grandi e-tailer locali (i.e. WeChat, JD.com). «I 19 brand del Contemporary Fashion risultano molto attivi sui canali social, non solo a livello di posting ma anche di vendita diretta tramite Facebook e Instagram, superando in questa modalità il settore luxury», dichiara Marco Pozzi, Senior Advisor di Contactlab. «Le cose cambiano quando si analizzano le performance relative alla cross-canalità dove l’offerta di servizi d’acquisto al consumatore online sembra piuttosto limitata», continua Pozzi. Infatti sono poco più del 30% i marchi analizzati che offrono il ritiro in negozio dopo l’acquisto online e ancora meno (circa il 25%) quelli che danno la possibilità di rendere in-store ciò che si è acquistato sul web. Le percentuali si abbassano ulteriormente se ci si riferisce ai cambi di prodotto o alla prenotazione di un appuntamento per provare un capo in negozio. Un altro aspetto che richiederebbe maggiore attenzione da parte dei brand del Contemporary Fashion è l’indicazione del paese di produzione dei propri capi e accessori venduti online. La maggioranza del panel, ad eccezione di Patrizia Pepe e Falconeri, perde così l’opportunità di valorizzare la produzione artigianale e industriale del nostro Paese, che viene invece richiesta soprattutto dai consumatori asiatici, a conferma dell’importanza del valore del Made in Italy.

Nel 2018 crescono i consumatori e la spesa online

Intanto, nel corso di “Netcomm Focus Fashion & Lifestyle”, il Consorzio ha delineato anche il quadro globale del mercato e-commerce. Sempre più persone utilizzano abitualmente il web per effettuare i propri acquisti: il numero di e-shopper nel mondo è salito da 1,77 miliardi del 2017 a quasi 2 miliardi nel 2018, e si prevede che entro il 2022 arriveranno a superare i 2,5 miliardi. Anche le vendite online seguono questo trend: nel 2017 hanno superato i 2.300 miliardi di dollari e si stima che nel 2018 sull’online verranno effettuati acquisti per un valore di oltre 2.800 miliardi.

Lo sviluppo del settore Lifestyle

In questo scenario in continuo sviluppo, il numero di consumatori mondiali che scelgono il web per acquistare capi di abbigliamento, footwear e accessori aumentano e aumenteranno con un tasso di crescita annuo medio del 9% tra il 2016 e il 2022: sono passati da 948 milioni nel 2016 a 1.062 milioni nel 2017; le stime per il 2018 li attestano a 1.178 milioni (+11% sul 2017) e il trend proseguirà nei prossimi anni fino a toccare la quota 1.580 milioni nel 2022. L’incremento della spesa di questi consumatori in abbigliamento e accessori aumenta a un tasso di crescita annuo medio ancora superiore (12%) tra il 2016 e il 2022, passando da 322.521 milioni di euro (2016) a 377.704 milioni di euro (2017), quest’anno supererà i 435 milioni fino ad arrivare a 645 milioni nel 2022.

Gli investimenti per la crescita del Digital Lifestyle

Quella della in-store experience è una delle aree di investimento prioritarie per la crescita del Digital Lifestlyle secondo i professionisti del settore, indicata dal 26% del campione; il 60% è convinto che si debba investire sull’integrazione omnichannel e sul marketing digitale, il 34% menziona CRM e programmi di loyalty, il 26% indica brand building e difesa del prezzo e il 24% ritiene importanti investimenti IT per digitalizzare la value chain. Soprattutto la digitalizzazione della value chain risulta essere un fattore cruciale: oltre a offrire la possibilità di disintermediazione attraverso la vendita diretta, a raccogliere grandi quantità di dati sui comportamenti e i desideri degli utenti che permettono di creare offerte coerenti ad essi, le nuove tecnologie consentono infatti di digitalizzare tutta la catena del valore, rendendo i processi più efficienti e rapidi.

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI