• Programmatic
  • Engage conference
  • Engage Play

Mondo Native

Carmelo Noto
a cura di Carmelo Noto

Carmelo Noto ha iniziato la sua carriera in ambito informatico con il ruolo di sistemista Apple. Dopo aver assunto ruoli più orientati alla consulenza e alla vendita di servizi, dal 2005 si dedica alla vendita del mezzo pubblicitario digitale in aziende come tg|adv (Gruppo Trilud) e LeonardoAdv (Gruppo Triboo). Attualmente ricopre il ruolo di Country Manager Italy presso Outbrain, piattaforma premium di Discovery

04/04/2017

Recensioni positive e brand engagement

Perché l’esposizione di un consumatore a una recensione positiva migliora l’engagement con il brand e quali metriche utilizzare per misurarne l’impatto

Alberto Mari

Alberto Mari

Quando parliamo di recensione positiva, ci riferiamo qui a una recensione editoriale: un articolo di un magazine su un prodotto specifico, una prova (test-drive) da parte di un editor tecnico, un post scritto da un blogger autorevole. Quando incide sul consumatore essere esposti a questo contenuto durante il processo decisionale che porta all’acquisto? Molto! Il fenomeno è già intuitivo di suo, ma vista la sua importanza merita di essere indagato a fondo per conoscerne le metriche. Nielsen da alcuni anni svolge una ricerca sulla fiducia nelle diverse forme di comunicazione e, tradizionalmente, i contenuti editoriali sono ai primi posti. La raccomandazione da parte di persone che conosciamo è ovviamente al primo posto (con il 78% di fiducia in Europa) rispetto al 52% degli utenti che hanno fiducia nei contenuti editoriali (per esempio gli articoli di quotidiani o magazine). Sono percentuali di gran lunga superiori agli strumenti più tipicamente pubblicitari come i video online (33%) i banner (27%) o i post sponsorizzati sui social (32%). È lo stesso meccanismo che governa il grande successo dell’influencer marketing: vedere un capo di abbigliamento indossato da una fashion blogger famosa vale molto di più di banner. La popolarità del blog o della testata, diventa quindi la metrica su cui valutare l’investimento perché ci consente di raggiungere un volume più o meno ampio di utenti a target. Ma esistono altri modi per incrementare l’esposizione ai contenuti earned? E come si può verificare facilmente l’efficacia di questa attività? In Outbrain lavoriamo spesso sull’amplificazione di earned media: significa che le recensioni editoriali del cliente vengono promosse attraverso la nostra piattaforma di content discovery su oltre venti milioni di utenti unici in Italia. Grazie alla collaborazione con grandi editori come RCS, Mondadori, Banzai, Domus e moltissimi altri, il singolo contenuto può apparire nello spazio intitolato “Potrebbe interessarti anche” dei principali editori online italiani. In questo modo, l’utente interessato avrà l’occasione di leggere quel contenuto anche se non visita abitualmente la testata (o il blog) che l’ha pubblicato. Non solo, grazie a strumenti di retargeting, è possibile intercettare l’utente che ha cliccato su quel contenuto (e quindi ne è stato esposto) per proporgli nuove attività in grado di dimostrare se l’engagement con il brand è migliorato dopo l’esposizione. Per esempio Renault ha utilizzato Outbrain in Francia per promuovere una recensione della nuova Alpine pubblicata sull’autorevole testata Europe 1. L’esposizione a questo contenuto è stata garantita a 55.000 utenti nel periodo di campagna. In seguito, tramite retargeting, il 16% di questi utenti è stato ricontattato con contenuti del brand volti a presentare meglio il prodotto: il risultato è stato un click-through rate otto volte superiore rispetto agli utenti non esposti alla recensione positiva. La case study completa insieme all’articolo sono disponibili qui: Case study Alpine Articolo Alpine Le metriche per valutare l’impatto dei contenuti earned possono essere diverse: in generale il processo richiede una prima campagna di content discovery che promuova la recensione positiva. A seguire, gli utenti esposti alla prima campagna vengono poi ricontattati tramite retargeting con una seconda campagna molto più centrata sul prodotto, con contenuti realizzati direttamente dal brand e non più da una terza parte editoriale. La seconda campagna può essere ancora una campagna di content discovery con Outbrain ma potrebbe essere anche una campagna banner tradizionale, o video o altro ancora. Confrontando metriche come CTR, bounce rate, tempo speso engagement sul sito e persino conversioni (lead) della seconda campagna con un’attività di controllo svolta su utenti non esposti all’attività earned media, si potranno vedere subito le differenze. MoneyFarm, promuovendo una recensione positiva della propria app apparsa su iPhoneItalia, ha ottenuto dei tassi di download pari al 25%: impensabili attraverso un’attività di advertising tradizionale. Non solo: l’attività sui contenuti earned può servire anche a segmentare meglio la propria audience. Una casa automobilistica potrebbe decidere di promuovere due contenuti diversi, uno incentrato al tema delle prestazioni e un altro che evidenzia il basso impatto ambientale del nuovo modello. Gli utenti si profileranno autonomamente consentendo poi al brand di lavorare con comunicazioni mirate sui due nuovi segmenti appena creati, che potranno essere facilmente aggiunti alla propria DMP per attività future.