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28/11/2018
di Simone Freddi

Simona Maggini traccia la rotta della “nuova” VMLY&R: «Creiamo connected brands che generano valore per i nostri clienti»

Da gennaio sarà ufficialmente operativa l’agenzia di WPP nata dall’unione tra Y&R e VML. La Ceo ci spiega come verrà centrato l’obiettivo di superare le tradizionali divisioni tra creatività e digital, grazie anche a nuovi ruoli nella struttura e a una inedita organizzazione

Tempo di riorganizzazioni in casa WPP. Il colosso globale della comunicazione ha deciso di superare le tradizionali divisioni tra creatività e digital e ha deciso di unire, a livello globale, alcune delle sue storiche agenzie pubblicitarie con i creative shop digitali del gruppo. In questo contesto un paio di mesi fa è stata annunciata l’integrazione tra Y&R - che segue in Italia decine di brand tra cui Coop, Lavazza, Vodafone, Danone - e VML, che ha dato vita alla nuova sigla VMLY&R.

A Simona Maggini, Ceo di VMLY&R Italia, reduce dal primo meeting mondiale dei leader della nuova agenzia con il Worldwide Ceo Jon Cook, abbiamo chiesto di raccontarci le linee guida della struttura dopo il rebranding.

Simona, quale sarà il posizionamento della “nuova” VMLY&R?

Il nuovo posizionamento è sintetizzato in “We create connected brands”. Non si tratta solo di avvicinare creatività e digital, VMLY&R è una nuova legal entity globale. Quindi è a tutti gli effetti un nuovo inizio. Certo in Italia partiamo avvantaggiati: da noi il brand VML è stato importato nel 2009 come declinazione “digital” di Y&R, siamo da sempre sotto lo stesso tetto e da tempo proponiamo un’offerta totalmente omnichannel, anche grazie all’utilizzo di data e insight. VMLY&R è e sarà sempre di più un’experience agency con il costante focus sulla crescita del business dei nostri clienti e delle nostre stesse operating companies.

Cos’è per voi un “connected brand”?

E’ quello in grado di mettere a sistema creatività, tecnologia e cultura entrando in relazione con la vita delle persone, ispirarle e connetterle a livello emotivo, generando un’experience unica per i consumatori. La parola-chiave della nostra visione è “connection” e tutto nella nuova VMLY&R” ruoterà intorno a questo termine, anche per quanto riguarda alcuni ruoli nuovi di cui ci doteremo internamente.

Come cambierà l’agenzia a livello organizzativo?

Ci saranno novità a tutti i livelli: a partire dal management, che vedrà a breve la nomina di un Head of CX (Customer experience, ndr) e di un Growth Leader, che si affiancheranno al Ceo, al Cfo e all’Executive Creative Director Francesco Poletti. Dal punto di vista operativo, la struttura vedrà un’organizzazione del tutto inedita, con un reparto dedicato alla Customer Experience, che sarà il pivot attorno a cui ruoteranno i progetti per i connected brands. Grande rilevanza avranno anche i reparti Data & Analytics e Connection, che include Social, Content e Influencer, oltre ovviamente al reparto creativo che unisce anche competenze digitali. Entro Natale comunicheremo nel dettaglio la struttura delle aree, con i rispettivi responsabili, in modo da essere pienamente operativi a gennaio.

Come impatta la nuova organizzazione sulle risorse umane di VMLY&R? A che professionalità siete interessati?

Si dice sempre che le agenzie devono dotarsi di figure “digital”, ma è un po’ scontato. Preferirei dire che cerchiamo figure con un orientamento al business e alla costruzione di reale valore per i clienti. E’ chiaro che il focus è su contenuti, tech e social. Negli ultimi mesi sono già entrati in agenzia oltre una dozzina di nuovi professionisti, oltre a Poletti.

Potreste acquisire qualche agenzia dall’esterno?

Non è escluso, questo argomento è attualmente in discussione a livello di gruppo.

A proposito, come si rapporta la nuova struttura a una strategia di WPP che sembra orientata a una sempre maggiore “trasversalità” tra le agenzie del gruppo?

Continueremo a fare il nostro lavoro. Y&R si porta dietro una lunga storia di successi ed è fatta di 130 professionisti tra Milano e Roma. In generale, direi che le agenzie rappresentano per WPP un bacino di talenti, da cui può attingere per dare il miglior servizio al cliente, che poi è l’unico vero obiettivo.

Quali sono le implicazioni del rebranding verso i clienti? Cosa gli state dicendo?

Innanzitutto, che i fondamentali non cambiano. L’importanza dell’idea è sempre centrale, è per questo che le agenzie esistono e continueranno a esistere. Certo rispetto al passato le idee si esprimono diversamente e si lavora più con un approccio circolare di modern campaigning e non di flight con inizio e fine. Quello che più di tutto bisogna avere in mente e a cuore è la centralità del consumatore, mettere al centro le persone. Il nostro compito è quello di creare “connected brands” che raggiungono questo obiettivo.  

Vi spaventa il sempre maggior interesse dei grandi gruppi della consulenza aziendale, verso il business della comunicazione?

Andrò controcorrente, ma a mio avviso non è quello il maggior pericolo per le agenzie. La vera minaccia per chi fa il nostro lavoro viene dal basso, dalla seducente prospettiva per i clienti di “spendere poco”. Le piccole strutture di qualità sono le benvenute nell’arena competitiva, ma se prevale il tentativo di spendere poco e meno, perdiamo valore tutti. Perdono le agenzie e alla fine perdono i clienti, che dovrebbero riconoscere alla comunicazione lo status di asset strategico, e non quello di costo. Il detto “if you pay peanuts you get monkeys” è più che mai valido.

E dal punto di vista economico, come arrivate al rebranding?

Il trend negli ultimi tre anni è stato positivo, abbiamo migliorato i conti di anno in anno, sempre centrando gli obiettivi di budget. Posso anticipare che il prossimo anno contiamo di realizzare una crescita significativa, in quanto raccoglieremo quanto seminato. Questo grazie anche a diverse nuove acquisizioni, di cui due in particolare molto importanti che riguardano un brand del settore bakery e un tecnologico. Li sveleremo a breve.

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